mercoledì 5 marzo 2014

Perché sono contrario alla risoluzione del parlamento europeo contro la prostituzione

L'auspicio di un'estensione all'Europa e al mondo del "modello svedese" è la conferma di tutto ciò che ho detto nelle risposte alle “amiche” su Huffington Post. Non sarebbe necessario in questo blog ribadire cosa sia ragionevole pensare di tale "legge europea", ma, poichè si è parlato di sacralità e sesso, non mi pare fuori luogo affiancare alle litanie femministe una salutare ripetizione di principi liberali e libertari.

In primis la legge svedese è controproducente, giacché mai qualcosa afferente il desiderio o il vizio qual dir si voglia è stato cancellato dal mercato con la semplice proibizione. L'esempio più eclatante fu quello degli alcoolici, che, una volta proibiti, fecero la felicità della mafia più di quella degli astemi. L'esempio più vicino a noi è quello delle droghe: mai come ora (dopo anni di proibizionismo) esse sono capillarmente diffuse ed alla portata di tutti.
Anche in questo caso, la regola si conferma: la stessa polizia svedese ammette che non vi sono evidenze di una riduzione della domanda o della tratta in seguito all'introduzione della legge proibizionista
mentre ricercatrici indipendenti, oltre a confermare tale inefficacia, dimostrano che le condizioni delle sex-workers sono peggiorate e la tratta non è diminuita


In secundis, essa è illiberale, in quanto il potere statale si permette di sanzionare comportamenti afferenti la vita privata e sessuale di persone adulte e consenzienti le quali non danneggiano oggettivamente alcuno (come i clienti e le prostitute), di entrare nell'intimità dei cittadini per giudicare i motivi per cui essi possano o non possano accoppiarsi (amore, amicizia, capriccio, vanagloria, tirannia sessuale, vendetta sentimentale, stronzaggine erotica sì e interesse materiale no, o, meglio, no se esplicito e onestamente dichiarato: accompagnarsi con chi è disposta a concedersi per denaro, in maniera chiara e consensuale, è vietato, mentre le unioni amorose, i fidanzamenti o le relazioni più lunghe di una sera e magari propiziate o motivate da interesse materiale e dalla volontà della donna di ottenere regali, creme, gioielli, viaggi da sogno, auto costose, vestiti firmati, o fama, successo, ricchezza, carriera, visibilità mediatica, sono concesse, salvo l'assurdo di non poter distinguere mai con certezza ed obiettività quanto di una relazione più o meno breve, più o meno lunga, sia dovuto al sentimento e quanto all'interesse e quindi di non poter mai parlare separatamente di "unione amorosa" o di "prostituzione")?

In tertiis, è ignorante, in quanto ignora il report (di qualche anno fa) dello stesso governo norvegese
http://jonathanx.altervista.org/estero/duello6.html
(che pure poi l'ha copiata), il quale dimostra come politica regolamentatrici e liberali quali quella olandese migliorano la situazione sia per le prostitute sia per le vittime della tratta, mentre quelle proibizioniste come quella svedese peggiorano la condizione delle sex-workers e non riducono affatto il problema (aumentando invece il grado di insicurezza e criminalità in esso), ignora il parere contrario delle sex workers
(e se una risoluzione e' osteggiata proprio da chi dovrebbe tutelare e' evidente l'intento demagogico), ignora i dubbi espressi dalla comunità scientifica sulla presunta scientificità dei dati presentati dalla Signora Honeyball
http://www.lucciole.org/content/view/829/14
ignora i dati della polizia tedesca i quali dimostrano come non vi sia stato alcun aumento della tratta
http://www.bka.de/DE/ThemenABisZ/Deliktsbereiche/Menschenhandel/Lagebilder/lagebilder__node.html?__nnn=true
e ignora infine che i tentativi mediatici di affermare il contrario si basano su un malinteso (per non dire peggio)
Il fine dunque della legge non è affatto proteggere le donne-prostitute (come dimostra questa interessante testimonianza di una escort svedese:
http://sensuellqkonsult.wordpress.com/2007/05/26/lies-about-sexwork-in-sweden/
ma colpire la prostituzione in quanto tale, da un punto di vista puramente ideologico, e, con essa, tutti gli uomini i quali si rifiutano, ogni volta che sentono il naturale desiderio di congiungersi carnalmente alla bellezza, di passare per le forche caudine del corteggiamento nella quali le "Donne" (ch'aman scriversi con la maiuscola) potrebbero infliggere di tutto (sia fisicamente, sia psicologicamente, sia economicamente, sia legalmente).

In fine la legge risulta arbitraria, poiché arbitrariamente definisce "non dignitosa" e "non libera" la prostituzione, quando ciò che risulta dignitoso nella vita privata e sessuale di adulti consenzienti è e deve restare estremamente soggettivo (per loro non sarà dignitosa la prostituzione, per me può non essere dignitoso il corteggiamento, visto come atto servile, troppo simile alla supplica, rapporto non paritario troppo simile al vassallaggio verso la Dama e retaggio del medioevo indegno di un uomo libero, per una prostituta può non essere dignitoso concedersi invece "per niente" come si pretende nel "sesso libero") e soprattutto perché arbitrariamente identifica la prostituzione con la schiavitù (come arbitrario sarebbe identificare il lavoro manifatturiero con la costrizione e vietare le scarpe solo perché vi sono effettivamente bambini costretti a lavorare in fabbriche di calzature).
Se poi il fine fosse davvero la lotta alla tratta si punirebbero solo e soltanto i clienti consapevoli di usufruire dei servigi di prostitute costrette dai trafficanti, come è stato fatto in Finlandia. Il fatto che invece si punisca "tutta" la prostituzione in quanto tale è segnale di come il fine sia ideologico e antimaschile e non pragmatico né umanitario né tanto meno rispettoso delle donne.

Il rispetto VERO per le donne non coincide con l'idolatria femminista, ma con rispetto ANCHE di quelle donne che compiono (per motivi personali e ingiudicabili dallo stato liberale) scelte ritenute dal pensiero dominante "sessualmente scorrette" e con l'abolizione di ogni discriminazione (materiale e morale) ai danni delle persone prostitute (discriminazioni tenute in vita da un pactum sceleris fra vetero femministe protese ad incolpare gli uomini e maschilisti che vogliono vedere sempre la prostituta come vittima per sentirsi, rispetto a lei ed al contrario della realtà, più forti, magari anche a volte "salvatori, comunque "superiori" a chi pur pagano avendone bisogno, oppure in senso medievale come "strega".).

Demagogico poi il riferimento alle "giovani immigrate". Quando vengono in occidente per fare le badanti, le colf o le infermiere sono ben accette e non sono dette sfruttate se guadagnano una piccola frazione dell'occidentale medio in mestieri che gli europei d'occidente non vogliono più fare, mentre se decidono di prostituirsi per guadagnare di più la cosa non va più bene perché immorale e, per vietarglielo senza incolpare delle donne (che sarebbe politicamente scorretto) sono dette "poverine" e "vittime". Ovviamente che le associazioni di prostitute libere rivendichino da decenni tanto la liceità quanto la libertà della loro scelta non ha alcun valore per questi politici. Infermiere sì e accompagnatrici no? Minigonna per le donne-manager e le studentesse sì e abiti succinti per le passeggiatrici notturne no? Ma saranno le donne, prostitute o meno, a dover decidere che fare del proprio corpo e della propria sessualità e della propria esistenza lavorativa o privata? O dovrebbe essere, secondo un principio neogiacobino o neostalinista, lo stato a dover accompagnare tutti dalla culla alla tomba ed imporre la propria "virtù" come in ogni totalitarismo da Robespierre a Stalin?

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