venerdì 14 marzo 2014

Il mio urlo contro le Femen

IL MIO URLO CONTRO LE FEMEN

La settimana scorsa leggevo di una Bruxelles coperta dall'urlo delle Femen contro il mio alleato Putin. Ora, dalla Germania, io lancio il mio urlo di guerra contro le Femen, ben argomentando su quattro pilastri.



PUNTO 1.
Volendo proibire la prostituzione, sbagliate l'obiettivo (sempre che vogliate parlare di libertà). In un mondo liberale, esso non è abolire la prostituzione, ma lo sfruttamento e la costrizione in ogni forma.

Al contrario di quanto dicono i politici europei e le femministe svedesi, per motivi materiali e morali la prostituzione deve essere regolamentata, tutelata, sostenuta e mantenuta efficiente poiché è necessaria per compensare l'enorme disparità di numeri e desideri voluta dalla natura nell'ambito dell'amore sessuale. In ogni tempo ed in ogni luogo le femmine desiderabili sono in numero di gran lunga inferiore agli uomini che le desiderano ed hanno bisogno (sempre per natura) di godere della loro beltade. L'uomo deve poter risolvere ciò, in un mondo civile, con il denaro (così come con il denaro risolve il problema della fame: non rischia di deperire andando in cerca di cibo, ma semplicemente entra in un ristorante).

Se non paga non potrà realisticamente soddisfare (se non in minima parte e in casi rarissimi e totalmente fortuiti) il proprio naturale desiderio di bellezza e di piacere e non potrà mai vivere realmente il proprio sogno estetico completo.
Chi non paga subito ed in moneta le meretrici dovrà pagare con probabilità uno (non solo sempre in denaro, ma anche in doni, fatiche da corteggiamento, sincerità, recite, o dignità, quando dovrebbe fare da cavalier servente) per ricevere solo come funzione di variabile aleatoria e a capriccio della donna, dovrà tollerare i rischi, i sacrifici, i costi (materiali e morali),  i disagi (da sessuali ad esistenziali), i ferimenti (reali o psicologici), le umiliazioni (pubbliche o private), gli inappagamenti (carnali e mentali) e le relative sofferenze (fisiche ed emotive) che la dama avrà la compiacenza di infliggergli per motivi di autostima, stronzaggine, brama di sfoggiare una preminenza erotico sentimentale o puro divertimento e vanagloriosa prepotenza oppure, nel migliore dei casi, sarà costretto a recitare da seduttore per compiacere la vanagloria della donna o da giullare per farla divertire (magari lasciandosi irridere nel desiderio) e darle letteralmente tutto (in omaggi, pensieri, parole e opere) per avere in cambio la sola speranza (minima),
In caso contrario si troverà a confidare alle stelle i propri tristi e cari moti del cor, a sospirare di notte e a mirare nella luna l'immagine della donna disiata e, leopardianamente a fare all'amore col telescopio. Oppure dovrà   accontentarsi di una  donna di bellezza mediocre ma di comportamento comunque altezzoso la quale pretenderà   le stesse fatiche e gli stessi privilegi (materiali e morali) del corteggiamento come fosse miss mondo.

Non si giustifichi ciò con il fatto che sarebbe naturale, giacché in primis in natura non esiste la stronzaggine sviluppatissima invece nel raffinato intelletto femminile, in secundis quanto negli animali, come sofferenza e inappagamento, é normale, rischia di divenire intollerabile nell'uomo a causa del maggior grado di coscienza (capace di acuire i dolori ed estenderli alla sfera psicologica), in tertiis, naturale sarebbe anche morire di fame per chi non é sufficientemente abile e fortunato da cacciare le prede o morire di malattia (tanto per rispondere all'obiezione: "chi non riesce a scopare gratis si arrangi", la quale equivale al dire "chi si ammala peggio per lui" o "chi non trova cibo muoia di fame"). La Civiltà si distingue proprio per il fatto di permettere a tutti di sfamarsi senza sforzo, anche se non gratis (semplicemente pagando dopo aver lavorato e faticato altrove) e curare i malati, non lasciarli morire "per il bene della specie".

L'uomo, pur essendo distinto dall'autocoscienza, ha in comune con gli animali i bisogni naturali (il cibo, il sonno, il sesso), che devono ovviamente essere soddisfatti, a pena di infelicità   profonda, frustrazione intima, disagio da sessuale ad esistenziale, ossessione.

Tutto ciò, in quanto natura, non ha alcuna valenza morale (né in positivo, né in negativo). E non ha pure nessuna relazione con l'intelligenza, con la cultura o con la sensibilità personale. Si tratta semplicemente di pure necessità di natura.

Se non si mangia si muore di fame, se non si dorme si deperisce fino a divenire fantasmi, se non si beve ci si disidrata come foglie morte. E se non si appaga di quando in quando il proprio naturale bisogno di bellezza e di piacere dei sensi, la vita si dimezza in altro modo: dapprima vi è una tristezza occasionale, una malinconia diffusa, una rassegnazione, poi una vera sofferenza che partendo dalla sfera sessuale, come ampiamente spiegato da Freud, influenza il rapporto con l'altro sesso in genere e la vita tutta (con chiaro rischio di autodistruzione), e con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi, è destinata a scoppiare prima o poi in qualche modo (contro sé o gli altri). In ogni caso (anche senza giungere a conseguenze estreme) alla lunga, si conosce l'infelicità sia sensitiva sia intellettiva, la frustrazione intima, e l'inappagamento da fisico diviene mentale e, se reiterato, degenera in disagio non più solo sessuale ma esistenziale, con anche il rischio di generare ossessione (nella quale non vi sono né libertà né possibilità di agire lucidamente in imprese grandi e belle).

Come potete pretendere che la gente combatta per voi se non permettete ai vostri uomini di appagare i propri naturali e profondi bisogni?
Tutti gli eserciti civili hanno sempre avuto le prostitute al seguito. Napoleone addirittura costruiva bordelli nelle nazioni per regolamentare e ridurre il traffico.

La demagogia femministe sostiene l'abolizionismo con la scusa di migliorare l'amicizia fra uomini e donne (costringendo i primi a sottomettersi alla prostituzione psichica del corteggiamento, di fatto!).

Si potrebbe considerarle amiche se amichevolmente e gratuitamente (come fanno gli amici quando l'altro ne ha bisogno) concedessero i loro favori (ovvero ciò di cui per natura abbiamo stringentemente ed inestinguibilmente bisogno). Poiché invece già normalmente sfruttano le disparità di numeri e desideri senza limiti, remore né regole, con un comportamento stronzo e oligopolistico peggiore di quello dell'OPEC, volto a rendere il godimento delle loro grazie corporali da un lato quanto di più desiderabile (mostrando pubblicamente, per capriccio, moda, vanità, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, in ogni modo, tempo e luogo, sotto il paravento del piacere a loro stesse e del vestire come par loro, quelle forme atte a suscitare continuamente in ogni astante un disio il quale, per non poter essere almeno in quel momento appagato degenera in inganno ai sensi e frustrazione alla psiche, per non dire senso di nullità innanzi alla bellezza non bilanciabile e disagio da sessuale ad esistenziale, o addirittura attirando chi vogliono respingere, rendere ridicolo innanzi a sé o agli altri o comunque trattare con sufficienza o con aperto disprezzo all'approccio, illudendo inizialmente chi non vogliono conoscere ma solo irridere intimamente, frustrare sessualmente e umiliare nel pubblico e nel privato, inducendo a farsi avanti chi vogliono poi chiamare molesto e suscitando ad arte il disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile per il corpo e la psiche del malcapitato, possa infliggere le pene dell'inferno della negazione dopo le promesse del paradiso della concessione) e dall'altro quanto di più raro, difficile, duro, faticoso, costoso da ogni punto di vista materiale e morale, e pure doloroso, frustrante e umiliante (quando si dovrebbe fare da freddo specchio su cui provano l'avvenenza, da pezzo di legno innanzi a cui si permettono di tutto - qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi inflizione di senso di nullità, sofferenza al corpo e alla psiche, inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, disagio da sessuale ad esistenziale - da amico/ammiratore pronto a tutto per un sorriso, da cavalier servente disposto a dare tutto in pensieri parole ed opere in cambio della sola speranza, da mendicante d'amore alla corte dei miracoli indotto a guardare dal basso verso l'alto in attesa trepida della sportule colei dal cui gesto dipendono il suo paradiso e il suo inferno) possa esistere all'universo mondo, dobbiamo trattarle, se non da nemiche, almeno da controparte politica.

Ecco perché servono le “puttane” Ecco perchè bisogna togliere qualunque significato dispregiativo a tale termine. Ecco perchè la prostituzione deve essere difesa, accresciuta e mantenuta efficiente e disponibile a tutti: per permettere agli uomini di appagare i desideri naturali di bellezza e piacere dei sensi senza passare per le forche caudine del corteggiamento (nelle quali tanto, troppe dame, potrebbero permettersi qualsiasi perfidia sessuale, qualsiasi tirannia erotica, qualsiasi avvelenamento amoroso, qualsiasi sbranamento economico sentimentale, o comunque anche solo prolungare all'indefinito quella condizione di preminenza psicologica con loro mirate, disiate, accettate per quello che sono - belle, chè ove manca la bellezza supplisce l'illusione del desiderio, e noi costretti a fare qualcosa per apparire degni di tal "dono divino", con loro possibilitate già a rilassarsi, dilettarsi, valutare con calma l'eventuale presenza o eccellenza delle doti volute, pregustarsele in un caso o irriderne l'assenza nell'altro, scegliere se divertirsi con noi o su di noi, e noi obbligati a sopportare la tensione di un esame, a restare concentrati per mostrare il meglio di noi, o quanto riteniamo possa apparire agli occhi femminei come tale, quando vorremmo abbandonarci alle onde della voluttà e del sentimento, a restare angustiati dal disio e a rimetterci ad una decisione altrui).

Proprio le Femen qualche tempo fa proposero alle loro connazionali di organizzare il rifiuto massificato del sesso verso gli uomini per costringere quest'ultimi a piegarsi anche politicamente al loro volere (come se già questo in occidente non avvenisse sul piano personale).
Ecco perchè è meglio pagare in moneta piuttosto che in sincerità, dignità, recite: bisogna evitare la tirannia delle donne, capaci di far vivere nell'infelicità e nell'inappagamento, nella sfera sessuale e da là in tutto, persino colui a cui hanno giurato fedeltà, da cui ricevono protezione, affetto e mantenimento e che dovrebbe essere loro amorosamente caro, pur di costringerlo (con gli altri uomini) a sottostare al loro volere.
Oggi può trattarsi della presunta questione dell'emancipazione dell'equità, delle quote. Domani può essere qualsiasi cosa la loro tirannica vanità e la loro prepotente vanagloria vorrà imporre all'uomo secondo il capriccio di giornata, a prescindere da ogni vera o presunta giustizia.

Credono di poter usare senza limiti, remore nè regole la loro naturale preminenza nelle sfere più rilevanti innanzi alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale per imporre a tutti i loro interessi basati sui loro concetti di bene e di  male. E allora gli uomini devono credere di poter usare in maniera parimenti priva di limiti, remore e regole morali, sociali, sacrali tutto quanto hanno saputo costruire, nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, per bilanciare tale preminenza.


Se le donne pensano di poter privare l'uomo di ciò di cui egli sente stringentemente ed inestinguibilmente bisogno e brama come del sonno e dell'acqua, allora gli uomini devono poter pensare di privare la donna di ciò grazie a cui ella vive più comodamente e sicuramente di quanto potrebbe fare nella preistoria naturalistico-matriarcale, e che è stato generato dall'uomo con la sua civiltà (dal femminismo bollata come oppressione).
Deve essere dunque vietato alle donne (o,meglio, alle femmine sedicenti umane come le femen) l'accesso ai mezzi di produzione, di costruzione e di cura.

Devono restare in balia del caso nel ricercare cibo e riparo, temere di essere predate dalla prima bestia feroce che passa (sia essa umana o meno) e morire senza cura in caso di malattia.

Se esse non hanno scrupoli a privare anche l'uomo a loro più caro di ciò di cui sente soffocante bisogno, e ad attuare ogni azione e non azione, senza limiti, né remore né regole, per aumentare il proprio potere contrattuale (senza alcuna cura per le sofferenze psichiche e fisiche dei più sensibili), allora noi non ne dobbiamo avere nello smettere di conceder loro protezione, tecnologia e civiltà e nel costruire e conservare un un monopolio in grado di bilanciare tutto in desiderabilità e potere.

Ognuno usa le armi che ha.


Perché non dovrebbero essere tutelati diritti e interessi vitali degli uomini?
Quelli delle donne in generale sono ipertutelati dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale (nonché da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri), volute dalla natura per i suoi fini, favorevoli grandemente alle donne nonché da queste sfruttati in ogni modo tempo e luogo per moda, capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, senza né limiti, né remore, né regole, le quali non solo conferiscono al genere femminile libertà di scelta e forza contrattuale sconosciute all'uomo (a meno che questi non riesca a bilanciarle con lo studio, il lavoro, l'impegno, il successo, la posizione sociale, la cultura, la ricchezza, il potere, il prestigio, la fama e tutto quanto può conseguire da merito o fortuna individuale) in quanto davvero conta innanzi alla natura, alla discendenza ed alle felicità individuale, ma addirittura provocano un sbilanciamento tanto forte da essere addirittura a volte fastidioso per le stesse interessate (le quali finiscono per non poter avere amici vicini o avventori occasionali che non siano spinti a "provarci" dalla necessità psicologica e biologica e da quella della legge dei grandi numeri).
Le donne coinvolte nella prostituzione, poi, sono le prime a battersi per la legalizzazione, il riconoscimento dei diritti e l'abolizione di ogni stigma sociale sul mestiere, consapevoli per esperienza personale che il proibizionismo, anche se rivolto contro il cliente, finisce per gettarle in un ghetto ove prosperano violenze (perché laddove non vi é legalità si concentrano i tipi umani peggiori), sfruttamento (perché nessun cliente é spinto ad aiutare una prostituta se sa con questo di venire accusato) e criminalità (perché solo questa può "gestire" e "proteggere" un mercato illegale).

PUNTO 2.
In tutte le attività (di qualsiasi genere), se lavoro e diritti (e a volte pure la stessa cittadinanza) non vengono riconosciuti, i lavoratori cadono vittime di sfruttamento, violenza e arbitrio. E il giro d'affari viene detenuto dalla criminalità. E' per questo una soluzione vietare il lavoro? O lo é riconoscerlo e garantirlo con diritti e cittadinanza, come da tempo chiedono i comitati di prostitute (e come da sempre fanno i sindacati per i lavori "normali")?

PUNTO 3.
Ecco a cosa si riduce il progressismo degli uomini moderni: la solita stupidità cavalleresca. Ecco a cosa si riduce la vostra lungimiranza: la solita incoerenza femminil-femminista. Se riconoscete come una debolezza il bisogno maschile di godere della bellezza attraverso le grazie corporali delle donne come fate a non riconoscere la posizione di superiore (o comunque paritaria) forza contrattuale delle "sacerdotesse di Venere" (le quali, esattamente come loro, mettono scientemente a frutto il desiderio suscitato dai loro corpi per fini personali, ma, a differenza di loro, lo fanno all'interno di un rapporto di scambio dichiarato e consensuale, non nuocciono a nessuno e non hanno l'obiettivo, attraverso il sesso e di lì in tutto, di irridere, umiliare, tiranneggiare e far vivere infelice e inappagato un intero genere)?
Per le donne inneggiate alla libertà di sfogare in ogni modo, tempo e luogo, senza limiti né remore né regole, l'istinto naturale femminile ad apparire in ogni dove belle e disiabili (e a suscitare in ogni astante, per vanità, interesse o gratuito sfoggio di preminenza erotica, un disio che non hanno almeno in quel momento e comunque non per tutti, intenzione di appagare), mentre per gli uomini vorreste imporre l'obbligo costante a reprimere il corrispondente istinto a mirare, disiare, seguire e cercare di ottenere il godimento della bellezza (se necessario anche pagando). Per le donne reclamate tutti i diritti e per l'uomo tutti i doveri. Bella parità!
E poi avete il coraggio di parlare di "etica".
Con quale diritto e quale autorità potete definire (per tutti, e con valore di legge) "non etico" un rapporto consensuale fra adulti solo perché motivato non da concessione amichevole, coronamento amoroso, capriccio, vanità, vendetta sentimentale, stronzaggine o quant'altro, come nei rapporti "normali", ma da interesse dichiarato (in questo caso economico), e implicante una visione dell'amore e del sesso (e della vita privata e lavorativa in genere) da voi non condivisa?
Vi é forse sotto una versione laicizzata del pregiudizio paolino sul corpo, per il quale esso, in quanto vaso destinato ad accogliere lo spirito santo, dovrebbe mantenersi "puro", essendo ogni peccato compiuto su esso paragonabile ad un sacrilegio pari all'usare il templio per il mercato?
Perché altrimenti considerare accettabile vendere la propria preparazione, il proprio tempo, il proprio intelletto, le proprie abitudini di vita, le proprie braccia o le proprie capacità mentali e non momenti d'ebbrezza e piacere dei sensi attraverso il proprio corpo sessuato?

Perché dovrebbe essere considerato indegno offrire al mercato quella parte di sé atta a concedere momenti d'ebbrezza e piacere dei sensi e non, invece, la propria forza fisica, le proprie abilità manuali o le proprie capacità intellettuali?
Vendere un servizio attraverso il proprio corpo sessuato e non, invece, un servizio svolto attraverso le proprie braccia o il proprio intelletto?
Perché dovrebbe essere considerato "di valore infinito" (ovvero non commerciabile, non vendibile, non scambiabile alla pari con nulla pena perdita della "dignità") l'offerta delle proprie grazie, l'appagamento del disio di bellezza e piacere e non l'offerta di una prestazione lavorativa, di una fatica fisica (o mentale) importante, di una abilità sensitiva o intellettiva costata anni o decenni di studio, applicazione, sacrificio, immedesimazione?

Quanto può, volendo, essere svolto nel breve volgere di una notte (o di qualche ora) con assai poco coinvolgimento (se non quello recitato) e non quanto magari richiede la fatica di un mese e la preparazione di una vita?
Quanto può essere (come il rapporto sessuale) agito "impersonalmente" (anche quando lo si offre con grazia unica e stile particolare, alla pari di un personaggio romanzesco), ponendolo sul palcoscenico senza tangere la sfera realmente personale o addirittura svolto in modo anonimo, indistinguibile da quanto ci accumuna per natura ai mammiferi, senza entrino in gioco sentimenti (e correlati rischi di ferimento intimo), e non quanto (spesso, specie per i giovani) coinvolge  il proprio studio, la propria preparazione, le proprie capacità qualificanti, le proprie esperienze e le proprie doti innate individuali, la propria individualità, le doti per cui crediamo di distinguerci dagli altri ed essere particolarmente apprezzati dal mondo, la parte più pura di sé, quello in cui si ha sperato, faticato, offerto (in tempo, fatica, impegno) e sofferto negli anni della giovinezza, o comunque influenza lo stile di vita, il modo di pensiero, il rapporto con il prossimo, a volte la visione del mondo (perché se si deve entrare nel mondo del lavoro si deve scendere a compromessi, se non altro materialmente, su tutto ciò, e alla lunga si cambia anche l'ideale) e obbliga spesso a simulare doti non possedute (esattamente come si fa con i prodotti della réclame), falsificare la propria percezione della realtà (per adeguarla al racconto che fa marketing) e deformare il proprio curriculum (ingigantendo, della propria personalità, del proprio studio, del proprio vissuto, quanto può piacere al mercato e tacendo quanto ci qualificherebbe ma potrebbe non risultare "vendibile")?

Perché dovrebbe essere non-commerciabile solo ciò che la donna può offrire attraverso le proprie grazie corporali e di cui l'uomo ha per natura bisogno come del cibo, dell'acqua e del sonno
mentre resta tranquillamente vendibile, scambiabile, commerciabile senza alcun patema tutto quanto nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, l'uomo ha comunitariamente costruito e individualmente continua a costruire (con il lavoro, lo studio, la posizione sociale) per compensare in desiderabilità e potere il privilegio naturale femminino?
Questo significa usare il pregiudizio paolino sul corpo (peccare con il corpo, vaso sacro destinato ad accogliere lo spirito santo dopo la resurrezione, farne mercato, quale peccato massimo, sacrilegio pari all'entrata dei mercanti nel templio) per conferire alla donna un vantaggio in desiderabilità e potere infinito e non più compensabile dall'uomo con l'offerta e lo scambio di quanto (denaro, posizione sociale, abilità pratiche, conoscenze e doti intellettuali) eqli può costruire con la cultura, la fatica, l'impegno e lo studio, con le proprie braccia o il proprio intelletto, e di cui la donna può sentire bisogno e brama di forza pari a quelle che muovono il disio maschile verso le di lei bellezze. Stronzi! E stronze!



PUNTO 4.
Non é tollerabile dover sentirsi obbligati a recitare la parte ogniqualvota si voglia legittimamente soddisfare il proprio desiderio di natura. Talvolta conviene cogliere dalla vita la propria parte di piacere come si trae un pomo da un albero carico. Ciò con le sacerdotesse di Venere a pagamento risulta possibile. Le donne non possono pretendere che un uomo indossi sempre la maschera del seduttore, dell'infallibile Don Giovanni. Il ricercare un'accompagnatrice da parte di uno spirito leopardiano come il mio si configura come la riconquista dell'Eden, di una dimensione di purezza irrimediabilmente perduta, di quell'espressione da fanciullo innocente, che ha “l'inesperto amante”de “La Sera del dì di festa” figurandosi in cielo la disiata effige, avvolta dall'aurea dell'irraggiungibilità. Si tratta di riconciliarsi con quel candido palpito di desiderio che sorge in petto ai giovani quando prime rimirano le grazie delle dame, le loro forme, le loro bellezze ed i loro femminei sorrisi. E' la speranza che viene cercata, la “promessa arcana di felicità”

Una società EMANCIPATA deve far sì che per soddisfare i propri bisogni gli individui non siano tiranneggiati da altri, i quali, rendendo difficilmente appagabile un certo bisogno, potrebbero pretendere in cambio del suo soddisfacimento ogni cosa, a proprio capriccio, oppure potrebbero ingannare, irridere, umiliare o opprimere in ogni dove tramite la promessa o il miraggio della "concessione".

Non mi dico costretto nel corteggiamento, ma certo se non avessi l'alternativa delle donne a pagamento urlerei a gran voce la mancanza di libertà di scelta: allora sì sarei costretto a corteggiare, e per me sarebbe un “dovere” insopportabile. Preferirei la morte. Penso che lotterei fino all'ultimo, pur di mantenere viva la possibilità del meretricio.
Senza di esso sarei costretto a recitare sempre da seduttore per compiacere la loro vanagloria o da giullare per farle divertire (magari lasciandole irridere al mio desiderio profondo e alla parte più intima e vera di me), ed esse potrebbero costringermi così a compiere qualsiasi cosa, in pensieri, parole, opere, ed avere tutto da me in cambio della sola speranza. In ogni caso dovrei farmi cavalier servente per relazionarmi con loro (ed avere dunque un principio di speranza), o comunque avrei l'obbligo di "fare qualcosa", magari anche in forme moderne ed anticonvenzionali, per compiacerle, mentre loro sarebbero apprezzate e disiate a priori e quindi, le guarderei sempre dal basso verso l'alto, non vi sarebbe nulla di paritario nella sessualità, e da lì in tutto (mediante i ben noti meccanismi psicoanalitici).

Anche in tutti i campi della vita umana, se non esistesse la possibilità del "commercio" e gli individui, per appagare i propri bisogni e i propri desideri, dovessero ricorrere o alla coercizione violenta o alla supplica, il mondo diverrebbe una giungla, o una corte rinascimentale (che é anche peggio, come insegna la "selva incantata" dell'Orlando Furioso). La Democrazia é altro.

Non si può essere costretti a fare ciò che ci mette a disagio. A volte il soddisfare (o il tentare di) i propri bisogni naturali potrebbe (come spiegato sopra) provocare profonde ferite emotive (ciò che é normale per gli altri animali, protesi alla vita senza altro scopo, può risultare causa di infelicità nell'uomo, che proprio per il maggior grado di autocoscienza raggiunto, ha fini diversi e sensibilità tutte individuali). Se si intuisce ciò, é giusto che si possa evitare il dolore psicologico, la paura della quasi certa delusione e la vulnerabilità alla possibile umiliazione pubblica o privata e al capriccio delle varie "stronze", e, in genere, l'ossessione del "corteggiamento" (quando é l'unico modo).

Io non odierò né le donne che pretendono "la corte", né quelle che pretendono "la busta", finché mi sarà consentito di scegliere le une o le altre (io preferisco di gran lunga le seconde). Detesto invece profondamente e cerco di eliminare materialmente (ed idealmente) tutte quelle persone che vorrebbero impedirmi di ottenere i favori femminili offrendo la busta, giacché esse limitano il mio agire ed il mio pensare, mi impediscono di seguire la via da me scelta per vivere in maniera serena ed autarchica, meno infelicemente possibile, e sono causa di potenziali infiniti patimenti.

Le pene amatorie sono naturali ma non necessarie. Soprattutto nella società evoluta, dotata di prostituzione, sono evitabilissime. Pretendere che un uomo le viva ugualmente é ingiustificabile da parte di chi, per natura, non le deve soffrire (o, almeno, non nella stessa misura "ordinaria" data dal dover tentare n volte per sperare che la n+1 esima sia quella giusta, ben sapendo che la probabilità é minima, giacché non si può pretendere di essere graditi proprio a chi ci attira al primo sguardo, o di possedere le doti in grado di conquistarla o anche solo, possedendole, di avere l'occasione per mostrarle, e quindi andando incontro alla delusione reiterata). Sarebbe come se un sano dicesse ad un malato di accettare le sofferenze ed anche la morte per malattia, dato che é tutto naturale (rafforza la specie). Peccato che quando quello stesso che era sano si ammala, non accetti di soffrire e morire come in natura, ma voglia essere curato.

Sono convinto che il corteggiamento abbia una componente naturale ed anche piacevole ed appagante (il simmetrico della seduzione, il modo complementare che il maschio ha per rendersi gradito e disiato e degno di stare accanto alla bellezze femminile). La crudeltà é solo nella selezione e nella competizione. In natura però non esistono l'inganno perpetrato scientemente, la malvagità, il ferire intimamente per vanagloria o per capriccio o gratuita dimostrazione di preminenza, o la voglia di umiliare ed irridere in pubblico o in privato o render ridicolo il prossimo nel suo desiderio davanti a sé o agli altri.
Dato che tali doti sono invece massimamente sviluppate nell'animo umano (specie nel raffinato intelletto femmineo) un uomo saggio evita tutte le situazioni in cui il privilegio naturale (e sociale) della donna potrebbe permetterle di esplicarle massimamente a suo danno.

Talune femmine sostengono invece che le disparità, le fatiche, le pene, gli affanni e persiono le delusioni reiterate e le frustrazioni, del corteggiamento, essendo naturali, come tali debbano essere affrontate. Anche la difficoltà di reperire cibo, però, sarebbe naturale, così come quella di deperire per non averlo trovato o per malattia: ciò non significa che l'uomo saggio non debba organizzarsi per risolvere facilmente il problema della fame, senza dover penare ogni volta. Anche il bisogno di riparo, la sete e il sonno sono impegnativi da appagare in natura, ma la società si dice evoluta proprio perché, grazie alla sua organizzazione, all'efficienza tecnica, alle differenze sociali ed alla suddivisione dei ruoli e delle classi, permette all'uomo di appagare senza sforzo i propri bisogni naturali. Certo, così come in natura, nulla é gratis: tutto si paga.
Ossia si fatica altrove (dove si sceglie di faticare, nel lavoro più congeniale alle nostre doti e al nostro temperamento) per non dover soffrire e penare direttamente nel bisogno naturale (che si soddisfa semplicemente pagando). Sarebbe ben triste si dovesse perder tutti il tempo dietro al cibo ! Per fortuna ci sono i ristoranti ed il cibo non é certo meno gustoso di quello che ci si potrebbe preparare cacciando da soli e cucinando (cosa che si può fare al massimo la domenica, ma non certo tutte le volte che si ha fame).
Ogni tentativo di mostrare che sia giusto il contrario risulta soltanto una scoperta e ingenua modalità femminea di mantenere il privilegio naturale ad un livello eccessivo ed innaturale, in quanto esteso alla sfera del sentire e del pensare (che gli animali non autocoscienti non hanno), ove la sofferenza da fisica si fa psicologica, il ferimento intimo ed emotivo, l'inappagamento da fisico diviene mentale e, se reiterato, degenera in disagio non più solo sessuale ma esistenziale, con anche il rischio di generare ossessione (nella quale non vi sono né libertà né possibilità di agire lucidamente in imprese grandi e belle). Le femmine che vorrebbero eliminare per l'uomo la possibilità di compensare la disparità naturale nella sessualità pagando il biglietto non vogliono più soltanto, come le donne che rispetto, mettere legittimamente a frutto un privilegio di natura (magari con chiarezza, consensualità e senza inganni, come le escort) allo stesso modo in cui altre persone decidono di sfruttare economicamente o sentimentalmente altre doti innate, ma vogliono tramite il desiderio naturale instaurare una loro tirannia, e perciò non sono più donne, bensì terroriste (vogliono terrorizzare l'uomo prospettandogli un'esistenza da trascorrere nella sempiterna frustrazione del suo NATURALE bisogno di bellezza e di piacere, giacché l'inappagamento finirebbe per renderlo esistenzialmente infelice e per permettere alle poche donne belle di sfruttarlo per illuderlo, deriderlo, sbeffeggiarlo, renderlo ridicolo davanti a se stesso o agli altri, deriderlo nel profondo del desiderio, umiliarlo intimamente o pubblicamente, sbranarlo economicamente e sentimentalmente o opprimerlo, e alle tante brutte di tiranneggiarlo comunque, una volta svanita per disparità di numeri e desiderio e proibizione legale della prostituzione la possibilità di raggiungere le altre).
In quanto tali non meritano alcuna forma di rispetto umano e devono essere tolte al più presto dalla faccia della terra, senza remora morale o esitazione alcuna. Fia delitto la pietà.

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