giovedì 27 marzo 2014

Inno a Putin

...e dopo le urla, i canti.
Dopo le grida di battaglia, il canto di vittoria. Ecco il mio inno a Putin da cantare sulla musica dell'Inno Nazionale Russo.
Mi si accusa di fiancheggiare, come dice in tv l'odierna propaganda tedesca, "l'aggressivo nazionalismo russo"?
Ebbene, amici germani, con tutti i danni, materiali e morali, che l'internazionalismo delle lobbies finanziare ha prodotto, negli ultimi dieci anni in Europa e nel mondo, un nuovo nazionalismo rappresenterebbe in questo momento una cura!
Quanto all'aggressività, è dalla caduta del muro di Berlino che Usa e Europa (e soprattutto voi, se consideriamo l'aspetto economico) si espandono verso est, a volte con le bombe come in Jugoslavia, a volte con i denari come nel Baltico, comprimendo tradizioni, interessi e territori russi, e ora si osa parlare di aggressività della Russia? Quella di Putin e' legittima autodifesa, che mira ad impedire il ripetersi di annessioni filoeuropee come quelle permesse da quell'ubriacone di Eltsin (che, tanto prono agli Usa, aveva pure cambiato inno)!
E chi non si vuole arrendere al neonazismo finanziario-femminista che sta sorgendo nei paesi dell'Unione (Sovietica) Europea deve fare di tale atto di difesa la propria bandiera e il proprio esempio. Siamo tutti Russi!


Il Duce più bello
Sei Tu, Colonnello:
Sei Caro agli Dèi
E ai Veri Europei


Finanza tiranna
Ebrei mentitori,
La vostra condanna
E' scritta la fuori!


Del vostro femminìiìsmo
Noi non ne possiamo piùuùuù
Siete peggio del naziìismo
O infelice gioventùuùuù!


Governo lobbisti
Filo-femministi:
E' finita per voi
La Russia è con noi.


Col ferro e col fuoco
I vostri costrutti
Saranno fra poco
Bruciati e distrutti!


La Russia Lodata
La sua Grande Armata
Sconfigge in Crimea
La feccia europea!


NOTA 1. Prima di venire accusato di antisemitismo per un riferimento politicamente scorretto, voglio precisare un verso.
Quando dico "Ebrei mentitori" non mi riferisco certo a tutto il popolo isrealita, il quale, nella sua grande maggioranza, in Israele come nel resto del mondo, è vittima, alla pari di tutti gli altri popoli, della tirannia dei "governi lobbisti" di cui parlo dopo (la stessa Israele è governata da poche famiglie che detengono il monopolio finanziario, politico e culturale, e contro le quali poco hanno potuto le prosteste popolari di qualche anno fa), ma a QUEI POCHI ebrei i quali, sfruttando il credito morale pressoché infinito attribuito in occidente a chi appartiene al popolo più massacrato dal nazismo, si permettono impunemente di essere i più accesi sostenitori del "nuovo ordine mondiale" (ovvero del nuovo nazismo mondiale che si cela dietro le parole "democrazia", "femminismo" e "diritto internazionale") , costituendone il braccio armato della propaganda e della finanza e di cui i due esempi più famosi (e per questo magari neanche più pericolosi) sono Rupert Mordoch e George Soros.
Perchè dunque, si dirà, tiro in balli il termine "ebrei" come se volessi dare la patente di mentitori ad un intero popolo alla pari di come faceva proprio la propaganda nazista?
Semplicemente perchè quella minoranza di ebrei mentitori rappresentata da Soros e Mordoch non ha vergogna di agire come se il male subito da un popolo nel passato desse diritto nel presente ad una sua élite (in questo caso mediatica e finanziaria) di perpretrare un egual male ad altri e di preparare una tirannia futura.
Lampante è, sia detto di passaggio, il caso dello stato terrorista e razzista di Israele: se qualunque altro governe applicasse le leggi nazionaliste e discriminatorie che vigono in quel paese contro i palestinesi e agisse verso l'esterno con attacchi proditori indiscriminati come quelli del Mossad contro i suoi nemici politici, verregge (giustamente) additato come "nazista". Poichè non voglio che la stessa impunità concessa ad Israele per talune sua azioni veramente "naziste" si estenda a quello che nel mondo dell'informazione e della finanza (quindi anche della politica e degli interventi militari da esse giustificati e voluti) fanno personaggi come i due sopra citati, metto subito in chiaro di voler cancellare il loro "credito morale": Ebrei sì, come ieri le vittime del nazismo, ma mentitori, esattamente come, ieri come oggi, i carnefici!


NOTA 2.
Per "governi lobbisti filo-femministi" intendo quelle maledette lobbies le quali:
  • vogliono rendere tutto il mondo come gli stati uniti (assoggettati alla doppia tirannia della finanza e del femminismo);
  • vogliono distruggere le diversita' nazionali per fare dell'umanita' un unico gregge religiosamente sottomesso al mito del finto progresso e della falsa uguaglianza, al pensiero unico "politicamente corretto", ai dettami dei "filosofi" a loro libro paga, e ai diktat e delle femministe demagogiche da loro foraggiate (per controllare un sesso attraverso l'altro);
  • vogliono annullare tutte le identita' di sangue e spirito (non solo nazionali ma pure sessuali) per poter assoggettare al totalitarismo consumista (e sfruttare nel vortice del turbocapitalismo) un magma umano privi di identità e di radici, rispetto al quale i popoli in ordine (o anche solo singoli individui che sanno divenire ciò che sono) sarebbero potenziali ostacoli.
A me e' evidente, infatti, come, dietro una falsa democrazia regni l'intenzione di rendere dominante il tipo d'uomo mercantile (mettendo fuorigioco i possibili eredi di guerrieri e sapienti) e con esso gli interessi materiali e ideali della finanza senza patria (senza che peraltro il "demos", ammesso e non concesso, contro il l'autorevole parere di Platone, spetti alla maggioranza decidere cosa sia giusto, possa davvero contrapporsi alle lobbies all'interno di un sistema in cui puo' votare solo su cio' che non conta, essendo le vere decisioni approvate by partisan e fatte passare come "necessita' obiettive della storia"),
come dietro una finta liberta' vi sia il progetto di togliere qualsiasi effettivo potere alla sfera politica per rendere gli stati in tutto e per tutto manovrabili dalle lobbies finanziarie che foraggiano i media, la pubblicita' e i presidenti degli usa (da cui l'accusa di "fascismo" verso ogni uomo politico o stato in grado di sostenere gli interessi di una nazione e non di una lobby transnazionale), come dietro un finto individualismo vi sia la volonta' di distruggere qualunque struttura e legame sociale derivante dalla natura o dalla tradizione (e quindi non pienamente soggetto alle leggi e alle filosofie "moderne")al fine di rendere i popoli una massa informe di individui senza radici ne' identita' e quindi assai piu' facilmente manipolabili dagli strumenti del consumismo totalitario (rispetto a quanto sarebbero popoli "in ordine" e individui "radicati").

Il caso di divieto di prostituzione e' lampante: le liberta' di scelta nella vita privata e sessuale
vengono sospese con argomentazioni moralistico-paoline (in altri campi ormai riconosciute come risibili) o umanitaristico-pauperistiche (non fatte valere per chi in medesime condizioni sceglie altri mestieri pensati parimenti o più come "scelte obbligati"), quando esse permetterebbero all'uomo di affrancarsi da quella tirannia erotico-sentimentale che invece il sistema vuole perpetuare per indurre con essa gli uomini a seguire le "mode" (per avere piu' probabilita' di interessare le donne, individuate dai media come sesso-guida dello stile consumista).

Vietando la prostituzione, infatti, l'importanza del denaro non si riduce, ma si accresce: se grazie alle sacerdotesse di venere l'enorma disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale, voluta dalla natura per i suoi fini afferenti propagazione e selezione della vita e scorrelati a libertà e felicità propriamente umane, favorebole grandemente alle donne, da queste sfruttata in ogni modo, tempo e luogo senza limiti, remore nè regole e potenziale fonte per l'uomo di frustrazioni sempiterne, perfidie sessuali, tirannie erotiche e sbranamento economico-sentimentali, possono essere compensate pagando il biglieto di una recita il cui prezzo è alla portata del lavoratore comune, vietando il culto di venere prostituta solo gli uomini in grado di raggiungere una posizione di prestigio o preminenza nella società (attualmente capitalista) potranno sperare di essere (come in natura) scelti da quelle femmine di cui desiderano la bellezza. La lotta per accaparrsi ricchezze e fama capitalista sarà dunque ancora più spietata e il sistema avrà in pugno l'essenza più profonda dell'uomo tiranneggiandolo con ciò di cui ha più intimamente e irresistibilmente bisogno.


NOTA 3
Due parole debbono esser dette pure per spiegare il termine "costrutti" (prima che per "bruciati" e distrutti qualcuno voglia interpretare degli esseri umani e non, come io intendo, i costrutti, appunto, della finanza di carta) riferito a ciò che le lobbies di cui sopra producono in occidente.
Con tale termine intendo sia i loro costrutti più materiali, ovvero quelli finanziari (le cartolarizzazioni che distruggono la ricchezza vera, le flessibilita' che distruggono i popoli impedendo ai giovani di avere un lavoro e quindi una famiglia stabile il marketing oriented, dal lavoro alla pubblicita', che desertifica gli animi, tiranneggia i corpi e impedisce di vivere umanamente), sia, soprattutto, i loro costrutti più "filosofici", riassumibili in
A) la distorsione del pensiero kantiano, gia' di per se' traballante, sulla dignita' con l'obiettivo di definire indegna e vietare la prostituzione, quando cosa sia dignitoso, vantaggioso o sopportabile in una sfera tanto intima e privata deve essere in un mondo libero valutato dai singoli individui soltanto, la ripresa superficiale e incoerente del pensiero marxista, sulla "costrizione per denaro" rivolta solo alle donne e solo alle prostitute, quando il bisogno di guadagnare per vivere, o la brama di guadagnare di piu' per vivere piu' agiatamente, e l'induzione a scegliere un mestiere, magari piu' stressante e meno amato, piuttosto che un altro, magari piu' confacente alle proprie inclinazioni e piu' appagante, per motivi di denaro, riguarda praticamente tutti a tutti i livelli,
B) la menzogna egalitaria, con la quale si vuole far credere che il bene e il destino dell'umanita' sia farsi una cosa sola, quando cio' e' stata semmai la condizione di partenza parascimmiesca, e la storia e' consistita, al contrario, nella differenziazione, a partire dal substrato umano primordiale, simile ad un marmo informe, dei diversi tipi umani, paragonabili a quelle opere dotati di forma (e quindi potenzialmente valore, significato, bellezza) al pari delle statue (la cui formazione richiede necessariamente, da parte dell'artefice, l'uso del martello con quella violenza in grado di decidere quale forma dare, cosa vi debba appartenere e cosa debba essere ridotto in trucioli) chiamate civilta', delle differenti identita' di sangue e spirito propriamente storiche, unite e identificate cioe' non dalla comunanza nella specie, ma da quella nella specigica visione del mondo,
in quell'insieme di indimostrabili premesse di verita' e di valore da cui possono in maniera piu' o meno razionale discendere le diverse verita' e le diverse morali, ma che non possono a loro volta venire dimostrate, bensi' solo mostrate per vere a chi per nasciata e/o esperienza abbia gia' occhi addestrati a vederle, e che proprio per questo qualificano univicamente i diversi corrispondenti tipi umani di appartenenza, nella paritcolare volonta' di darsi un determinato destino, con cui pro-gettarsi nell'agone della storia, con la quale cioe' si giustifica "moralmente" l'abominio mondialista, ovvero la distruzione di tutti i popoli come nessuno sterminio hitleriano o stalinista potrebbe fare, tramite disgregazione sociale, femminismo demagogico, individualismo malato, immigrazione disperata e comunanza, forzata dal lavoro o indotta dai media, di stili di vita e di pensiero, e, non ultimo, crollo demografico, utile in realta' non solo e non tanto a far terminare la storia in un verde pascolo in cui tutti sono felici poiche' non succede piu' nulla, ma anche e soprattutto a generare un proletariato mondiale istruito nella tecnica ma ignorante nell'anima, privo di identita' e di radici, oltreche' di queli effettivi diritti sociali che solo uno stato forte e identitario puo' garantire, facile ad essere sottomesso al totalitarismo consumista.


e come corollario
C) la menzogna femminista,
- con la quale, con il pretesto di difendere le donne, distruggono i diritti e le liberta' civili, a partire dalla presunzione di innocenza e dalla certezza del diritto, dell'intero genere maschile e instaurano un regime di terrore in cui chiunque puo' finire in galera sulla sola parola dell'accusa,autorizzata non solo a far valere come prova un semplice racconto credibile, in assenza di riscontri oggettivi o altri elementi volti ad avvalorare dall'esterno l'una o l'altra tesi, ma addirittura a definire a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri il confine fra lecito e illecito,
- con la quale, giudicando anacronisticamente con i criteri eudemonici e individualistici dell'oggi il mondo anagogico e comunitario della tradizione, fomentano la misandria chiamandola rivalsa (quando con lo stesso sballato criterio applicato al contrario si potrebbero considerare tutti i soldati di leva maschi morti in guerra per ordine di stati composti anche da donne e combattenti per il benessere anche loro come vittime innocenti di un sistema solo apparentemente patriarcale ma femminista nella sostanza, in quanto tale da considerare gli uomini come sesso sacrificabile per gli interessi delle femmine cui e' concesso di continuare a vivere a lavorare a casa, e quando, in maniera anche piu' fondata, si potrebbe chiamare un eventuale talebanesimo una comprensibile rivalsa maschile per milioni di anni di prepotenza matriarcale),
- con la quale, figurando una inesistente oppressione passata - in realta' equo e umano bilanciamento sociale di tutto quanto in desiderabilita' e potere e' alle donne dato per natura dalle disparita' di numeri e desideri nell'amore sessuale e da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri, attuato con le mirabili strutture dell'arte come della religione, della politica come della storia, del pensiero come della societa'volte non ad opprimere che' non e' l'obiettivo dei savi, bensi' a non essere troppo oppressi, come avveniva nella preistoria matriarcale e come avviene in qualla sottospecie di stato di natura costituito dall'eta' scolare, per dare anche agli uomini pari forza contrattuale a pari possibilita' di scelta in quanto davvero conta, nel mondo come volonta' e non solo come rappresentazione, per la felicita' e la liberta' - giustificano i privilegi attuali alle donne, come se la mancanza del 50 e 50 in certi mesteri dipendesse da una discriminazione e non da un privilegio - quello di essere universalmente mirate, amorosamente disiate, socialmente accettate di per se', per la grazia, la leggiadria, la bellezza, che' quando manca subentra l'illusione del disio, senza bisogno di mostrare obbligatoriamente altre doti o compiere particolari imprese o raggiungere per forza certe posizioni, cui invece sono costretti i cavalieri i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente e negletto dal sesso opposto - che gli uomini sono da sempre chiamati a compensare per avere speranza di vivere parimenti liberi e felici in quanto davvero conta dinnanzi alla natura e alla discendenza,
- con la quale, manipolando dati o interpretandoli arbitrariamente, inventano di volta in volta emergenze sociali
  • (vedi stupri, quando le violenze sessuali vere non solo sono di diversi ordini di grandezza piu' rare delle continue perfidie sessuali inflitte dalle donne e aventi spesso pari effetti sulla psiche e la vita delle vittime, ma sono ormai meno di quelle false o esagerate ad arte a fine di vendetta, ricatto, o semplice misandria, 
  • vedi stalking, quando tali episodi, quando non semplici casi di corteggiatori costretti ad insistere dall'ambiguita' femminile e dalla pretesa di insistenza (senza la quale si viene bollati come pavidi nel corteggiamento e pigri nel "fare gli uomini"), sono effetto di sbranamenti economici o sentimentali subiti, 
  • vedi femminicidio, quando le donne uccise da uomini sono non solo meno degli uomini che, se non assassinati direttamente da donne, sono comunque uccisi violentemente all'interno di un sistema che obbliga ancora il maschio, come in natura, a cercare ad ogni costo una certa posizione di preminenza sociale per poter sperare di essere scelto delle femmine e quindi lo costringe in molti casi a darsi alla delinquenza o a lavori massacranti e pericolosi, ma di quegli uomini la cui vita e' distrutta dalle leggi femministe su aborto, divorzio e violenza sessuale, le quali la rendono simile a quella dell'esule ottocentesco privato di famiglia, casa, roba) con cui giustificare leggi liberticide e soprattutto culture antimaschili).

venerdì 14 marzo 2014

Il mio urlo contro le Femen

IL MIO URLO CONTRO LE FEMEN

La settimana scorsa leggevo di una Bruxelles coperta dall'urlo delle Femen contro il mio alleato Putin. Ora, dalla Germania, io lancio il mio urlo di guerra contro le Femen, ben argomentando su quattro pilastri.



PUNTO 1.
Volendo proibire la prostituzione, sbagliate l'obiettivo (sempre che vogliate parlare di libertà). In un mondo liberale, esso non è abolire la prostituzione, ma lo sfruttamento e la costrizione in ogni forma.

Al contrario di quanto dicono i politici europei e le femministe svedesi, per motivi materiali e morali la prostituzione deve essere regolamentata, tutelata, sostenuta e mantenuta efficiente poiché è necessaria per compensare l'enorme disparità di numeri e desideri voluta dalla natura nell'ambito dell'amore sessuale. In ogni tempo ed in ogni luogo le femmine desiderabili sono in numero di gran lunga inferiore agli uomini che le desiderano ed hanno bisogno (sempre per natura) di godere della loro beltade. L'uomo deve poter risolvere ciò, in un mondo civile, con il denaro (così come con il denaro risolve il problema della fame: non rischia di deperire andando in cerca di cibo, ma semplicemente entra in un ristorante).

Se non paga non potrà realisticamente soddisfare (se non in minima parte e in casi rarissimi e totalmente fortuiti) il proprio naturale desiderio di bellezza e di piacere e non potrà mai vivere realmente il proprio sogno estetico completo.
Chi non paga subito ed in moneta le meretrici dovrà pagare con probabilità uno (non solo sempre in denaro, ma anche in doni, fatiche da corteggiamento, sincerità, recite, o dignità, quando dovrebbe fare da cavalier servente) per ricevere solo come funzione di variabile aleatoria e a capriccio della donna, dovrà tollerare i rischi, i sacrifici, i costi (materiali e morali),  i disagi (da sessuali ad esistenziali), i ferimenti (reali o psicologici), le umiliazioni (pubbliche o private), gli inappagamenti (carnali e mentali) e le relative sofferenze (fisiche ed emotive) che la dama avrà la compiacenza di infliggergli per motivi di autostima, stronzaggine, brama di sfoggiare una preminenza erotico sentimentale o puro divertimento e vanagloriosa prepotenza oppure, nel migliore dei casi, sarà costretto a recitare da seduttore per compiacere la vanagloria della donna o da giullare per farla divertire (magari lasciandosi irridere nel desiderio) e darle letteralmente tutto (in omaggi, pensieri, parole e opere) per avere in cambio la sola speranza (minima),
In caso contrario si troverà a confidare alle stelle i propri tristi e cari moti del cor, a sospirare di notte e a mirare nella luna l'immagine della donna disiata e, leopardianamente a fare all'amore col telescopio. Oppure dovrà   accontentarsi di una  donna di bellezza mediocre ma di comportamento comunque altezzoso la quale pretenderà   le stesse fatiche e gli stessi privilegi (materiali e morali) del corteggiamento come fosse miss mondo.

Non si giustifichi ciò con il fatto che sarebbe naturale, giacché in primis in natura non esiste la stronzaggine sviluppatissima invece nel raffinato intelletto femminile, in secundis quanto negli animali, come sofferenza e inappagamento, é normale, rischia di divenire intollerabile nell'uomo a causa del maggior grado di coscienza (capace di acuire i dolori ed estenderli alla sfera psicologica), in tertiis, naturale sarebbe anche morire di fame per chi non é sufficientemente abile e fortunato da cacciare le prede o morire di malattia (tanto per rispondere all'obiezione: "chi non riesce a scopare gratis si arrangi", la quale equivale al dire "chi si ammala peggio per lui" o "chi non trova cibo muoia di fame"). La Civiltà si distingue proprio per il fatto di permettere a tutti di sfamarsi senza sforzo, anche se non gratis (semplicemente pagando dopo aver lavorato e faticato altrove) e curare i malati, non lasciarli morire "per il bene della specie".

L'uomo, pur essendo distinto dall'autocoscienza, ha in comune con gli animali i bisogni naturali (il cibo, il sonno, il sesso), che devono ovviamente essere soddisfatti, a pena di infelicità   profonda, frustrazione intima, disagio da sessuale ad esistenziale, ossessione.

Tutto ciò, in quanto natura, non ha alcuna valenza morale (né in positivo, né in negativo). E non ha pure nessuna relazione con l'intelligenza, con la cultura o con la sensibilità personale. Si tratta semplicemente di pure necessità di natura.

Se non si mangia si muore di fame, se non si dorme si deperisce fino a divenire fantasmi, se non si beve ci si disidrata come foglie morte. E se non si appaga di quando in quando il proprio naturale bisogno di bellezza e di piacere dei sensi, la vita si dimezza in altro modo: dapprima vi è una tristezza occasionale, una malinconia diffusa, una rassegnazione, poi una vera sofferenza che partendo dalla sfera sessuale, come ampiamente spiegato da Freud, influenza il rapporto con l'altro sesso in genere e la vita tutta (con chiaro rischio di autodistruzione), e con i meccanismi ben noti dalla psicoanalisi, è destinata a scoppiare prima o poi in qualche modo (contro sé o gli altri). In ogni caso (anche senza giungere a conseguenze estreme) alla lunga, si conosce l'infelicità sia sensitiva sia intellettiva, la frustrazione intima, e l'inappagamento da fisico diviene mentale e, se reiterato, degenera in disagio non più solo sessuale ma esistenziale, con anche il rischio di generare ossessione (nella quale non vi sono né libertà né possibilità di agire lucidamente in imprese grandi e belle).

Come potete pretendere che la gente combatta per voi se non permettete ai vostri uomini di appagare i propri naturali e profondi bisogni?
Tutti gli eserciti civili hanno sempre avuto le prostitute al seguito. Napoleone addirittura costruiva bordelli nelle nazioni per regolamentare e ridurre il traffico.

La demagogia femministe sostiene l'abolizionismo con la scusa di migliorare l'amicizia fra uomini e donne (costringendo i primi a sottomettersi alla prostituzione psichica del corteggiamento, di fatto!).

Si potrebbe considerarle amiche se amichevolmente e gratuitamente (come fanno gli amici quando l'altro ne ha bisogno) concedessero i loro favori (ovvero ciò di cui per natura abbiamo stringentemente ed inestinguibilmente bisogno). Poiché invece già normalmente sfruttano le disparità di numeri e desideri senza limiti, remore né regole, con un comportamento stronzo e oligopolistico peggiore di quello dell'OPEC, volto a rendere il godimento delle loro grazie corporali da un lato quanto di più desiderabile (mostrando pubblicamente, per capriccio, moda, vanità, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, in ogni modo, tempo e luogo, sotto il paravento del piacere a loro stesse e del vestire come par loro, quelle forme atte a suscitare continuamente in ogni astante un disio il quale, per non poter essere almeno in quel momento appagato degenera in inganno ai sensi e frustrazione alla psiche, per non dire senso di nullità innanzi alla bellezza non bilanciabile e disagio da sessuale ad esistenziale, o addirittura attirando chi vogliono respingere, rendere ridicolo innanzi a sé o agli altri o comunque trattare con sufficienza o con aperto disprezzo all'approccio, illudendo inizialmente chi non vogliono conoscere ma solo irridere intimamente, frustrare sessualmente e umiliare nel pubblico e nel privato, inducendo a farsi avanti chi vogliono poi chiamare molesto e suscitando ad arte il disio per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, umiliante e dolorosa possibile per il corpo e la psiche del malcapitato, possa infliggere le pene dell'inferno della negazione dopo le promesse del paradiso della concessione) e dall'altro quanto di più raro, difficile, duro, faticoso, costoso da ogni punto di vista materiale e morale, e pure doloroso, frustrante e umiliante (quando si dovrebbe fare da freddo specchio su cui provano l'avvenenza, da pezzo di legno innanzi a cui si permettono di tutto - qualsiasi provocazione più o meno sessuata, qualsiasi ferimento intimo, qualsiasi umiliazione pubblica e privata, qualsiasi irrisione al disio, qualsiasi inflizione di senso di nullità, sofferenza al corpo e alla psiche, inappagamento fisico e mentale fino all'ossessione, disagio da sessuale ad esistenziale - da amico/ammiratore pronto a tutto per un sorriso, da cavalier servente disposto a dare tutto in pensieri parole ed opere in cambio della sola speranza, da mendicante d'amore alla corte dei miracoli indotto a guardare dal basso verso l'alto in attesa trepida della sportule colei dal cui gesto dipendono il suo paradiso e il suo inferno) possa esistere all'universo mondo, dobbiamo trattarle, se non da nemiche, almeno da controparte politica.

Ecco perché servono le “puttane” Ecco perchè bisogna togliere qualunque significato dispregiativo a tale termine. Ecco perchè la prostituzione deve essere difesa, accresciuta e mantenuta efficiente e disponibile a tutti: per permettere agli uomini di appagare i desideri naturali di bellezza e piacere dei sensi senza passare per le forche caudine del corteggiamento (nelle quali tanto, troppe dame, potrebbero permettersi qualsiasi perfidia sessuale, qualsiasi tirannia erotica, qualsiasi avvelenamento amoroso, qualsiasi sbranamento economico sentimentale, o comunque anche solo prolungare all'indefinito quella condizione di preminenza psicologica con loro mirate, disiate, accettate per quello che sono - belle, chè ove manca la bellezza supplisce l'illusione del desiderio, e noi costretti a fare qualcosa per apparire degni di tal "dono divino", con loro possibilitate già a rilassarsi, dilettarsi, valutare con calma l'eventuale presenza o eccellenza delle doti volute, pregustarsele in un caso o irriderne l'assenza nell'altro, scegliere se divertirsi con noi o su di noi, e noi obbligati a sopportare la tensione di un esame, a restare concentrati per mostrare il meglio di noi, o quanto riteniamo possa apparire agli occhi femminei come tale, quando vorremmo abbandonarci alle onde della voluttà e del sentimento, a restare angustiati dal disio e a rimetterci ad una decisione altrui).

Proprio le Femen qualche tempo fa proposero alle loro connazionali di organizzare il rifiuto massificato del sesso verso gli uomini per costringere quest'ultimi a piegarsi anche politicamente al loro volere (come se già questo in occidente non avvenisse sul piano personale).
Ecco perchè è meglio pagare in moneta piuttosto che in sincerità, dignità, recite: bisogna evitare la tirannia delle donne, capaci di far vivere nell'infelicità e nell'inappagamento, nella sfera sessuale e da là in tutto, persino colui a cui hanno giurato fedeltà, da cui ricevono protezione, affetto e mantenimento e che dovrebbe essere loro amorosamente caro, pur di costringerlo (con gli altri uomini) a sottostare al loro volere.
Oggi può trattarsi della presunta questione dell'emancipazione dell'equità, delle quote. Domani può essere qualsiasi cosa la loro tirannica vanità e la loro prepotente vanagloria vorrà imporre all'uomo secondo il capriccio di giornata, a prescindere da ogni vera o presunta giustizia.

Credono di poter usare senza limiti, remore nè regole la loro naturale preminenza nelle sfere più rilevanti innanzi alla natura, alla discendenza e alla felicità individuale per imporre a tutti i loro interessi basati sui loro concetti di bene e di  male. E allora gli uomini devono credere di poter usare in maniera parimenti priva di limiti, remore e regole morali, sociali, sacrali tutto quanto hanno saputo costruire, nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, per bilanciare tale preminenza.


Se le donne pensano di poter privare l'uomo di ciò di cui egli sente stringentemente ed inestinguibilmente bisogno e brama come del sonno e dell'acqua, allora gli uomini devono poter pensare di privare la donna di ciò grazie a cui ella vive più comodamente e sicuramente di quanto potrebbe fare nella preistoria naturalistico-matriarcale, e che è stato generato dall'uomo con la sua civiltà (dal femminismo bollata come oppressione).
Deve essere dunque vietato alle donne (o,meglio, alle femmine sedicenti umane come le femen) l'accesso ai mezzi di produzione, di costruzione e di cura.

Devono restare in balia del caso nel ricercare cibo e riparo, temere di essere predate dalla prima bestia feroce che passa (sia essa umana o meno) e morire senza cura in caso di malattia.

Se esse non hanno scrupoli a privare anche l'uomo a loro più caro di ciò di cui sente soffocante bisogno, e ad attuare ogni azione e non azione, senza limiti, né remore né regole, per aumentare il proprio potere contrattuale (senza alcuna cura per le sofferenze psichiche e fisiche dei più sensibili), allora noi non ne dobbiamo avere nello smettere di conceder loro protezione, tecnologia e civiltà e nel costruire e conservare un un monopolio in grado di bilanciare tutto in desiderabilità e potere.

Ognuno usa le armi che ha.


Perché non dovrebbero essere tutelati diritti e interessi vitali degli uomini?
Quelli delle donne in generale sono ipertutelati dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale (nonché da quelle psicologiche correlate alla predisposizione all'esser madri), volute dalla natura per i suoi fini, favorevoli grandemente alle donne nonché da queste sfruttati in ogni modo tempo e luogo per moda, capriccio, vanità, interesse economico-sentimentale o gratuito sfoggio di preminenza erotica, senza né limiti, né remore, né regole, le quali non solo conferiscono al genere femminile libertà di scelta e forza contrattuale sconosciute all'uomo (a meno che questi non riesca a bilanciarle con lo studio, il lavoro, l'impegno, il successo, la posizione sociale, la cultura, la ricchezza, il potere, il prestigio, la fama e tutto quanto può conseguire da merito o fortuna individuale) in quanto davvero conta innanzi alla natura, alla discendenza ed alle felicità individuale, ma addirittura provocano un sbilanciamento tanto forte da essere addirittura a volte fastidioso per le stesse interessate (le quali finiscono per non poter avere amici vicini o avventori occasionali che non siano spinti a "provarci" dalla necessità psicologica e biologica e da quella della legge dei grandi numeri).
Le donne coinvolte nella prostituzione, poi, sono le prime a battersi per la legalizzazione, il riconoscimento dei diritti e l'abolizione di ogni stigma sociale sul mestiere, consapevoli per esperienza personale che il proibizionismo, anche se rivolto contro il cliente, finisce per gettarle in un ghetto ove prosperano violenze (perché laddove non vi é legalità si concentrano i tipi umani peggiori), sfruttamento (perché nessun cliente é spinto ad aiutare una prostituta se sa con questo di venire accusato) e criminalità (perché solo questa può "gestire" e "proteggere" un mercato illegale).

PUNTO 2.
In tutte le attività (di qualsiasi genere), se lavoro e diritti (e a volte pure la stessa cittadinanza) non vengono riconosciuti, i lavoratori cadono vittime di sfruttamento, violenza e arbitrio. E il giro d'affari viene detenuto dalla criminalità. E' per questo una soluzione vietare il lavoro? O lo é riconoscerlo e garantirlo con diritti e cittadinanza, come da tempo chiedono i comitati di prostitute (e come da sempre fanno i sindacati per i lavori "normali")?

PUNTO 3.
Ecco a cosa si riduce il progressismo degli uomini moderni: la solita stupidità cavalleresca. Ecco a cosa si riduce la vostra lungimiranza: la solita incoerenza femminil-femminista. Se riconoscete come una debolezza il bisogno maschile di godere della bellezza attraverso le grazie corporali delle donne come fate a non riconoscere la posizione di superiore (o comunque paritaria) forza contrattuale delle "sacerdotesse di Venere" (le quali, esattamente come loro, mettono scientemente a frutto il desiderio suscitato dai loro corpi per fini personali, ma, a differenza di loro, lo fanno all'interno di un rapporto di scambio dichiarato e consensuale, non nuocciono a nessuno e non hanno l'obiettivo, attraverso il sesso e di lì in tutto, di irridere, umiliare, tiranneggiare e far vivere infelice e inappagato un intero genere)?
Per le donne inneggiate alla libertà di sfogare in ogni modo, tempo e luogo, senza limiti né remore né regole, l'istinto naturale femminile ad apparire in ogni dove belle e disiabili (e a suscitare in ogni astante, per vanità, interesse o gratuito sfoggio di preminenza erotica, un disio che non hanno almeno in quel momento e comunque non per tutti, intenzione di appagare), mentre per gli uomini vorreste imporre l'obbligo costante a reprimere il corrispondente istinto a mirare, disiare, seguire e cercare di ottenere il godimento della bellezza (se necessario anche pagando). Per le donne reclamate tutti i diritti e per l'uomo tutti i doveri. Bella parità!
E poi avete il coraggio di parlare di "etica".
Con quale diritto e quale autorità potete definire (per tutti, e con valore di legge) "non etico" un rapporto consensuale fra adulti solo perché motivato non da concessione amichevole, coronamento amoroso, capriccio, vanità, vendetta sentimentale, stronzaggine o quant'altro, come nei rapporti "normali", ma da interesse dichiarato (in questo caso economico), e implicante una visione dell'amore e del sesso (e della vita privata e lavorativa in genere) da voi non condivisa?
Vi é forse sotto una versione laicizzata del pregiudizio paolino sul corpo, per il quale esso, in quanto vaso destinato ad accogliere lo spirito santo, dovrebbe mantenersi "puro", essendo ogni peccato compiuto su esso paragonabile ad un sacrilegio pari all'usare il templio per il mercato?
Perché altrimenti considerare accettabile vendere la propria preparazione, il proprio tempo, il proprio intelletto, le proprie abitudini di vita, le proprie braccia o le proprie capacità mentali e non momenti d'ebbrezza e piacere dei sensi attraverso il proprio corpo sessuato?

Perché dovrebbe essere considerato indegno offrire al mercato quella parte di sé atta a concedere momenti d'ebbrezza e piacere dei sensi e non, invece, la propria forza fisica, le proprie abilità manuali o le proprie capacità intellettuali?
Vendere un servizio attraverso il proprio corpo sessuato e non, invece, un servizio svolto attraverso le proprie braccia o il proprio intelletto?
Perché dovrebbe essere considerato "di valore infinito" (ovvero non commerciabile, non vendibile, non scambiabile alla pari con nulla pena perdita della "dignità") l'offerta delle proprie grazie, l'appagamento del disio di bellezza e piacere e non l'offerta di una prestazione lavorativa, di una fatica fisica (o mentale) importante, di una abilità sensitiva o intellettiva costata anni o decenni di studio, applicazione, sacrificio, immedesimazione?

Quanto può, volendo, essere svolto nel breve volgere di una notte (o di qualche ora) con assai poco coinvolgimento (se non quello recitato) e non quanto magari richiede la fatica di un mese e la preparazione di una vita?
Quanto può essere (come il rapporto sessuale) agito "impersonalmente" (anche quando lo si offre con grazia unica e stile particolare, alla pari di un personaggio romanzesco), ponendolo sul palcoscenico senza tangere la sfera realmente personale o addirittura svolto in modo anonimo, indistinguibile da quanto ci accumuna per natura ai mammiferi, senza entrino in gioco sentimenti (e correlati rischi di ferimento intimo), e non quanto (spesso, specie per i giovani) coinvolge  il proprio studio, la propria preparazione, le proprie capacità qualificanti, le proprie esperienze e le proprie doti innate individuali, la propria individualità, le doti per cui crediamo di distinguerci dagli altri ed essere particolarmente apprezzati dal mondo, la parte più pura di sé, quello in cui si ha sperato, faticato, offerto (in tempo, fatica, impegno) e sofferto negli anni della giovinezza, o comunque influenza lo stile di vita, il modo di pensiero, il rapporto con il prossimo, a volte la visione del mondo (perché se si deve entrare nel mondo del lavoro si deve scendere a compromessi, se non altro materialmente, su tutto ciò, e alla lunga si cambia anche l'ideale) e obbliga spesso a simulare doti non possedute (esattamente come si fa con i prodotti della réclame), falsificare la propria percezione della realtà (per adeguarla al racconto che fa marketing) e deformare il proprio curriculum (ingigantendo, della propria personalità, del proprio studio, del proprio vissuto, quanto può piacere al mercato e tacendo quanto ci qualificherebbe ma potrebbe non risultare "vendibile")?

Perché dovrebbe essere non-commerciabile solo ciò che la donna può offrire attraverso le proprie grazie corporali e di cui l'uomo ha per natura bisogno come del cibo, dell'acqua e del sonno
mentre resta tranquillamente vendibile, scambiabile, commerciabile senza alcun patema tutto quanto nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società, l'uomo ha comunitariamente costruito e individualmente continua a costruire (con il lavoro, lo studio, la posizione sociale) per compensare in desiderabilità e potere il privilegio naturale femminino?
Questo significa usare il pregiudizio paolino sul corpo (peccare con il corpo, vaso sacro destinato ad accogliere lo spirito santo dopo la resurrezione, farne mercato, quale peccato massimo, sacrilegio pari all'entrata dei mercanti nel templio) per conferire alla donna un vantaggio in desiderabilità e potere infinito e non più compensabile dall'uomo con l'offerta e lo scambio di quanto (denaro, posizione sociale, abilità pratiche, conoscenze e doti intellettuali) eqli può costruire con la cultura, la fatica, l'impegno e lo studio, con le proprie braccia o il proprio intelletto, e di cui la donna può sentire bisogno e brama di forza pari a quelle che muovono il disio maschile verso le di lei bellezze. Stronzi! E stronze!



PUNTO 4.
Non é tollerabile dover sentirsi obbligati a recitare la parte ogniqualvota si voglia legittimamente soddisfare il proprio desiderio di natura. Talvolta conviene cogliere dalla vita la propria parte di piacere come si trae un pomo da un albero carico. Ciò con le sacerdotesse di Venere a pagamento risulta possibile. Le donne non possono pretendere che un uomo indossi sempre la maschera del seduttore, dell'infallibile Don Giovanni. Il ricercare un'accompagnatrice da parte di uno spirito leopardiano come il mio si configura come la riconquista dell'Eden, di una dimensione di purezza irrimediabilmente perduta, di quell'espressione da fanciullo innocente, che ha “l'inesperto amante”de “La Sera del dì di festa” figurandosi in cielo la disiata effige, avvolta dall'aurea dell'irraggiungibilità. Si tratta di riconciliarsi con quel candido palpito di desiderio che sorge in petto ai giovani quando prime rimirano le grazie delle dame, le loro forme, le loro bellezze ed i loro femminei sorrisi. E' la speranza che viene cercata, la “promessa arcana di felicità”

Una società EMANCIPATA deve far sì che per soddisfare i propri bisogni gli individui non siano tiranneggiati da altri, i quali, rendendo difficilmente appagabile un certo bisogno, potrebbero pretendere in cambio del suo soddisfacimento ogni cosa, a proprio capriccio, oppure potrebbero ingannare, irridere, umiliare o opprimere in ogni dove tramite la promessa o il miraggio della "concessione".

Non mi dico costretto nel corteggiamento, ma certo se non avessi l'alternativa delle donne a pagamento urlerei a gran voce la mancanza di libertà di scelta: allora sì sarei costretto a corteggiare, e per me sarebbe un “dovere” insopportabile. Preferirei la morte. Penso che lotterei fino all'ultimo, pur di mantenere viva la possibilità del meretricio.
Senza di esso sarei costretto a recitare sempre da seduttore per compiacere la loro vanagloria o da giullare per farle divertire (magari lasciandole irridere al mio desiderio profondo e alla parte più intima e vera di me), ed esse potrebbero costringermi così a compiere qualsiasi cosa, in pensieri, parole, opere, ed avere tutto da me in cambio della sola speranza. In ogni caso dovrei farmi cavalier servente per relazionarmi con loro (ed avere dunque un principio di speranza), o comunque avrei l'obbligo di "fare qualcosa", magari anche in forme moderne ed anticonvenzionali, per compiacerle, mentre loro sarebbero apprezzate e disiate a priori e quindi, le guarderei sempre dal basso verso l'alto, non vi sarebbe nulla di paritario nella sessualità, e da lì in tutto (mediante i ben noti meccanismi psicoanalitici).

Anche in tutti i campi della vita umana, se non esistesse la possibilità del "commercio" e gli individui, per appagare i propri bisogni e i propri desideri, dovessero ricorrere o alla coercizione violenta o alla supplica, il mondo diverrebbe una giungla, o una corte rinascimentale (che é anche peggio, come insegna la "selva incantata" dell'Orlando Furioso). La Democrazia é altro.

Non si può essere costretti a fare ciò che ci mette a disagio. A volte il soddisfare (o il tentare di) i propri bisogni naturali potrebbe (come spiegato sopra) provocare profonde ferite emotive (ciò che é normale per gli altri animali, protesi alla vita senza altro scopo, può risultare causa di infelicità nell'uomo, che proprio per il maggior grado di autocoscienza raggiunto, ha fini diversi e sensibilità tutte individuali). Se si intuisce ciò, é giusto che si possa evitare il dolore psicologico, la paura della quasi certa delusione e la vulnerabilità alla possibile umiliazione pubblica o privata e al capriccio delle varie "stronze", e, in genere, l'ossessione del "corteggiamento" (quando é l'unico modo).

Io non odierò né le donne che pretendono "la corte", né quelle che pretendono "la busta", finché mi sarà consentito di scegliere le une o le altre (io preferisco di gran lunga le seconde). Detesto invece profondamente e cerco di eliminare materialmente (ed idealmente) tutte quelle persone che vorrebbero impedirmi di ottenere i favori femminili offrendo la busta, giacché esse limitano il mio agire ed il mio pensare, mi impediscono di seguire la via da me scelta per vivere in maniera serena ed autarchica, meno infelicemente possibile, e sono causa di potenziali infiniti patimenti.

Le pene amatorie sono naturali ma non necessarie. Soprattutto nella società evoluta, dotata di prostituzione, sono evitabilissime. Pretendere che un uomo le viva ugualmente é ingiustificabile da parte di chi, per natura, non le deve soffrire (o, almeno, non nella stessa misura "ordinaria" data dal dover tentare n volte per sperare che la n+1 esima sia quella giusta, ben sapendo che la probabilità é minima, giacché non si può pretendere di essere graditi proprio a chi ci attira al primo sguardo, o di possedere le doti in grado di conquistarla o anche solo, possedendole, di avere l'occasione per mostrarle, e quindi andando incontro alla delusione reiterata). Sarebbe come se un sano dicesse ad un malato di accettare le sofferenze ed anche la morte per malattia, dato che é tutto naturale (rafforza la specie). Peccato che quando quello stesso che era sano si ammala, non accetti di soffrire e morire come in natura, ma voglia essere curato.

Sono convinto che il corteggiamento abbia una componente naturale ed anche piacevole ed appagante (il simmetrico della seduzione, il modo complementare che il maschio ha per rendersi gradito e disiato e degno di stare accanto alla bellezze femminile). La crudeltà é solo nella selezione e nella competizione. In natura però non esistono l'inganno perpetrato scientemente, la malvagità, il ferire intimamente per vanagloria o per capriccio o gratuita dimostrazione di preminenza, o la voglia di umiliare ed irridere in pubblico o in privato o render ridicolo il prossimo nel suo desiderio davanti a sé o agli altri.
Dato che tali doti sono invece massimamente sviluppate nell'animo umano (specie nel raffinato intelletto femmineo) un uomo saggio evita tutte le situazioni in cui il privilegio naturale (e sociale) della donna potrebbe permetterle di esplicarle massimamente a suo danno.

Talune femmine sostengono invece che le disparità, le fatiche, le pene, gli affanni e persiono le delusioni reiterate e le frustrazioni, del corteggiamento, essendo naturali, come tali debbano essere affrontate. Anche la difficoltà di reperire cibo, però, sarebbe naturale, così come quella di deperire per non averlo trovato o per malattia: ciò non significa che l'uomo saggio non debba organizzarsi per risolvere facilmente il problema della fame, senza dover penare ogni volta. Anche il bisogno di riparo, la sete e il sonno sono impegnativi da appagare in natura, ma la società si dice evoluta proprio perché, grazie alla sua organizzazione, all'efficienza tecnica, alle differenze sociali ed alla suddivisione dei ruoli e delle classi, permette all'uomo di appagare senza sforzo i propri bisogni naturali. Certo, così come in natura, nulla é gratis: tutto si paga.
Ossia si fatica altrove (dove si sceglie di faticare, nel lavoro più congeniale alle nostre doti e al nostro temperamento) per non dover soffrire e penare direttamente nel bisogno naturale (che si soddisfa semplicemente pagando). Sarebbe ben triste si dovesse perder tutti il tempo dietro al cibo ! Per fortuna ci sono i ristoranti ed il cibo non é certo meno gustoso di quello che ci si potrebbe preparare cacciando da soli e cucinando (cosa che si può fare al massimo la domenica, ma non certo tutte le volte che si ha fame).
Ogni tentativo di mostrare che sia giusto il contrario risulta soltanto una scoperta e ingenua modalità femminea di mantenere il privilegio naturale ad un livello eccessivo ed innaturale, in quanto esteso alla sfera del sentire e del pensare (che gli animali non autocoscienti non hanno), ove la sofferenza da fisica si fa psicologica, il ferimento intimo ed emotivo, l'inappagamento da fisico diviene mentale e, se reiterato, degenera in disagio non più solo sessuale ma esistenziale, con anche il rischio di generare ossessione (nella quale non vi sono né libertà né possibilità di agire lucidamente in imprese grandi e belle). Le femmine che vorrebbero eliminare per l'uomo la possibilità di compensare la disparità naturale nella sessualità pagando il biglietto non vogliono più soltanto, come le donne che rispetto, mettere legittimamente a frutto un privilegio di natura (magari con chiarezza, consensualità e senza inganni, come le escort) allo stesso modo in cui altre persone decidono di sfruttare economicamente o sentimentalmente altre doti innate, ma vogliono tramite il desiderio naturale instaurare una loro tirannia, e perciò non sono più donne, bensì terroriste (vogliono terrorizzare l'uomo prospettandogli un'esistenza da trascorrere nella sempiterna frustrazione del suo NATURALE bisogno di bellezza e di piacere, giacché l'inappagamento finirebbe per renderlo esistenzialmente infelice e per permettere alle poche donne belle di sfruttarlo per illuderlo, deriderlo, sbeffeggiarlo, renderlo ridicolo davanti a se stesso o agli altri, deriderlo nel profondo del desiderio, umiliarlo intimamente o pubblicamente, sbranarlo economicamente e sentimentalmente o opprimerlo, e alle tante brutte di tiranneggiarlo comunque, una volta svanita per disparità di numeri e desiderio e proibizione legale della prostituzione la possibilità di raggiungere le altre).
In quanto tali non meritano alcuna forma di rispetto umano e devono essere tolte al più presto dalla faccia della terra, senza remora morale o esitazione alcuna. Fia delitto la pietà.

sabato 8 marzo 2014

Parità: le menzogne delle donne occidentali moderne

Sono passati esattamente quattro anno di quando ho scritto questo post, ma nulla è cambiato nella situazione dell'occidente che mi faccai pensare di rivedere anche solo una virgola del mio discorso.
Anzi, al parlamento italiano le menzogne si moltiplicano. Ecco dunque che io replico con il mio: "8 Marzo e parità di diritto: parlano le donne"

E confermo che le donne parlano.

PARLANO DI LIBERTA'
Parlano della libertà, ma la libertà esiste solo per le donne.
Socialmente, la donna è libera di scegliere se dedicarsi al lavoro e alla carriera o alla famiglia e alla vanità (). Se vi sono statisticamente meno donne che guadagnano tanto (ma qualcuna vi é, a dimostrazione proprio di come chi davvero vuole arrivare a certe posizioni vi arrivi, se alla pari di un uomo si impegna, e come non esistano affatto "soffitti di vetro" o ostacoli costruiti apposta contro le donne) non è perché sono vittime di un complotto o le si paga di meno in quanto donne (sarebbe assurdo), ma semplicemente perché molte donne non hanno bisogno di guadagnare necessariamente tot euro al mese per essere socialmente accettate o di raggiungere una certa posizione, di forza o di prestigio, socio-economica per essere desiderate dagli uomini (e quindi appagare un profondo desiderio di natura). Per questo non avrebbe senso per molte donne sacrificare il proprio tempo, la propria sensibilità, il proprio impegno, i propri stili di vita, sull'altare della carriera lavorativa la quale sotto la specie della natura non aggiungerebbe nulla alle loro possibilità d'essere felici nella sfera erotico-sentimentale (giacché l'uomo mira esclusivamente alla bellezza o alla sua illusione).
L'uomo invece non è affatto emancipato, poichè non ha affatto quelle possibilità di scelta legate al privilegio della bellezza (o, meglio, della sua illusione), ma è costretto a lavorare per vivere, e per non risultare socialmente trasparente e negletto dalle donne deve anche avervi successo. Non può né coprirsi né scoprirsi, né essere (senza quattrini) seduttore, né mantenuto, ma deve per forza (non già per scelta) impegnare ogni sforzo d'intelletto e di mano, ogni goccia di volontà e di sudore, nel lavoro, per sperare di ottenere una posizione tale da essere immediatamente e oggettivametne guardato, ammirato, disiato dalle donne così come queste sono da lui bramate per la bellezza. L'uomo è ancora costretto ad un ruolo, e se non vi eccelle non ha certo il sorriso (sincero) del prossimo, l'ammirazione degli astanti e l'accettazione sociale al primo sguardo come le donne, né suscita in loro interesse (se non come buffone di cui farsi beffe). L'uomo, al contrario della donna, DEVE DEVE DEVE (indipendentemente dai sui gusti, dalla sua sensibilità, dai suoi valori) affermarsi nel lavoro, pena essere considerato trasparente dalla società ed essere negletto dalle donne.
Dovrebbe esistere un ministero per l'emancipazione dell'uomo.
Sessualmente, poi, alle donne viene riconosciuta la libertà di (s)vestirsi come pare loro (consciamente per moda, capriccio, vanità, interesse economico sentimentale, gratuito sfoggio di preminenza erotica, oppure inconsciamente, poichè dietro il "vestirsi all'occidentale" si cela l'istinto di natura di apparire massimamente belle e disiabili per attrarre quanti più maschi possibile e selezionare fra essi chi eccelle nelle doti volute, presente nel profondo a prescindere dall'intenzione cosciente di conoscere uomini o ricercare con essi rapporti più o meno intimi) mostrando a piacimento le loro grazie, ma all'uomo viene fatto divieto di mirare liberamente quanto mostrato (sono stati recentemente inflitti dieci giorni di carcere ad un passeggero colpevole di aver solo guardato quanto la donna gli poneva innanzi in maniera da questa ritenuta prolungata e fastidiosa), alle donne viene concessa la libertà di esprimere (consciamente o meno) in ogni modo, tempo e luogo il proprio naturale istinto d'esser belle e disiate (chè, come detto, questo vi è dietro il diritto a "vestirsi come le pare" o a "esprimere la propria femminilità") e addirittura di esagerare a piacere nell'illudere, nel suscitare disio e provocare attrazione negli astanti, ma all'uomo non è parimenti permesso di esprimere il suo corrispettivo istinto di disiare al primo sguardo la bellezza, inseguirla e cercare di ottenerla (nemmeno, con le nuove vaghe e omnicomprensive leggi sulle molestie, se le espressioni di esso non mostrano oggettivamente nè violenza nè prepotenza nè prevaricazione nè volontà di costringere, giacchè la sola sensiblità femminile pare far giurisprudenza definendo a posteriori e secondo i propri soggettivi parametri cosa sia il reato),
le donne hanno insomma il diritto di mostrare e gli uomini il dovere di non guardare quanto mostrato, le donne il permesso di seguire il proprio comportamento naturale e l'uomo il dovere di reprimere la propria corrispondente della mia natura, le donne il diritto ad essere disinibite e l'uomo il dovere legare a sottoporsi a mille inibizioni, le donne il permesso ad essere ambigue e l'uomo il dovere a risultare "sessualmente corretto" (nel senso stabilito fuori da ogni etica, da ogni logica, da ogni natura e da ogni buon senso dal femminismo pc angloamericano).
Per le donne viene addirittura sancito (a costo di distruggere il beneficio del dubbio per chi vien accusato di violenza da una femmina almeno ad principio non certo costretta con la forza a seguirlo) il discutibile diritto ad attrarre, per capriccio, vanità, bisogno d'autostima, aumento del proprio valore economico-sentimentale o gratuito sfoggio di premiennza erotica, chiunque si trovi a tiro anche quando fin da principio non vogliono alcun rapporto con loro, a diffondere pubblicamente disio presso tutti gli astanti e tutti i perfetti sconsciuti che esse non hanno alcuna intenzione di conoscere, ma solo di ingannare, di far sentire nulli di fronte a lei, e di rendere sessualmente frustrati, e addirittura quello di dilettarsi a suscitare disio per poi compiacersi della sua negazione e di come questa, resa al massimo grado beffarda, umiliante e dolorosa da una meditata e intenzionale perfidia, possa far patire nel corpo e nella psiche del "prescelto" pene infernali dopo le promesse implicite di paradiso, provocando con tutto ciò continuamente negli uomini, in maniera assolutamente impunita dalla legge ed anzi da questa istigata, tensione emotiva, ferimento intimo, irrisione al disio, umiliazione pubblcia e privata, sofferenza nel corpo e nella psiche, inappagamento fisico e mentale degenerante alla lunga in ossessione e disagio (se ripetuto) scivolante dal sessuale all'esistenziale.
Per gli uomini che siano accusati di aver cagionato il minimo e presunto danno fisico o psicologico ad una donna valgono invece leggi draconiane pronta ad infliggere anni di carcere per una mano morta o a distruggere vite e carriere per una proposta ritenuta "volgare". Che quanto urta la particolare sensibilità femminile (atti, detti, sguardi o toccate) debba essere considerato offensivo, punito dalla legge e giustificante la vendetta più ampia, crudele, dolorosa e soggettiva da parte della donna e quanto invece ferisce (in maniera spesso assai più grave, come si può oggettivamente rilevare dal numero di suicidi cagionati da una donna o, senza arrivare agli estremi, dalla diffusione fra i maschi di problemi come l'anoressia sessuale o il precoce bisogno di prostitute) l'altrettanto particolare (e non già inesistente) sensibilità maschile (ad esempio il comportamento intriso di stronzaggine, divenuto regola nelle femmine moderne, anche quando non usano le mani, e spesso motivato da prepotenza, vanagloria, necessità di autostima o sadismo o comunque volontà di provocare sofferenza emotiva) sia trascurabile, non penalmente rilevante, appartenente alla normalità, alla tollerabilità o comunque al "diritto della donna" e non provocante in sé offesa o umiliazione (anche se è quanto l'uomo prova, di fronte a sé o agli altri, quanto sente come intima ferita nella sessualità e può provocargli traumi, blocchi psicologico e metterlo a disagio emotivo, momentaneo e poi esistenziale) è PURO ARBITRIO di questa ginecocrazia plebea.

PARLANO DI DIRITTO
Parlano di diritto, ma con le leggi sulle "molestie sessuali" è sancito il "diritto" per ogni donna a stabilire a posteriori e secondo i propri parametri il confine fra lecito e illecito, nella maniera più vaga e ampia possibile e senza alcun obbligo di riferimento oggettivo e valido per tutti (contro ogni oggettività del diritto, che vorrebbe la definizione di ogni reato circoscritta a quanto chiaramente identificabile come tale e soprattutto noto a tutti a priori) e con quelle sulla cosiddetta "violenza sessuale" è possibile per una donna (contro ogni presunzione di innocenza per la quale nessuno dovrebbe essere trattato da criminale prima che il crimine sia dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio) far finire in galera in qualsiasi momento qualsiasi uomo a tempo indeterminato con la sua sola parola, prima del processo (aboliti i domiciliari), prima ancora vi siano prove fattuali o addirittura senza alcun riscontro oggettivo che non sia il racconto di luoghi, persone e fatti realmente esistiti ma di per sè non probanti affatto il presunto stupro (basta che l'accusatrice pur essendosi appartata volontariamente e, magari in preda all'alcool o all'ebbrezza della trasgressione, essersi concessa senza violenza alcuna, a posteriori si penta del proprio comportamento e riferisca di essere stata costretta in qualche modo; anche se non porta prove, le basta saper inventare bugie credibili, o semplicemente raccontare la verità fino al momento del presunto stupro, per dare al pm modo di dire che il racconto coincide con fatti, personaggi e luoghi realmente riscontrati) e poi esagerare ad arte, distorcere o addirittura inventare di sana pianta quanto avvenuto dopo).

Solo quest'anno l'italia, che passa per paese "maschilista", ha approvato ben due leggi in tal senso.
Quella sulle molestie sessuali è stata totalmente gratuita, non sospinta da alcuna richiesta del mondo reale, e foriera di infinite possibili violazioni della giustizia, del buon senso e della vita civile e naturale. Come si fa a sapere a priori se un complimento, un atto, uno sguardo sarà considerato molesto o meno? Nel dubbio un uomo savio non farà assolutamente nulla. Non ci si lamenti allora se gli uomini non vogliono più corteggiare: ora alla naturale timidezza, alla razionale considerazione di non convenienza (nel dare tutto in pensieri, parole e opere per ricevere come funzione di variabile aletaoria), all'emotiva ritrosia a doversi sentire "sotto esame", al rifiuto psicologico a trovarsi nella condizione del cavalier servente pronto a tutto per un sorriso e potenzialmente vittima d'ogni tirannia, umiliazione e inganno, si aggiunge pure il pericolo del carcere.
Come si può pretendere che un uomo addirittura corteggi quando anche solo la prima naturale espressione (più o meno raffinata, più o meno poetica, più o meno esplicita a seconda delle inclinazioni, degli stili e delle conoscenze di ciascuno) del suo desiderio per le grazie femminili può essere ad esclusivo arbitrio della presunta vittima reputata un reato da accostare addirittura agli stupri (è nella stessa legge!)?
Questo porterà ad una uccisione sul nascere della spontaneità di ogni uomo (soprattutto se giovane) in ogni rapporto con le donne e un conseguente progressivo allontanamento di ogni uomo dotato d'intelletto dal genere femminile.
Sarà anche vero che la maggioranza delle donne non denuncerà un ammiratore per un complimento osè, e si limiterà a segnalare i casi davvero molesti, ma se si supponessero tutte le persone buone e giuste non servirebbe neppure la legge. Quanto rende questa legge abominevole è il fatto di permettere a quel sottoinsieme di donne false e perfide di denunciare chicchessia per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse o gratuito sfoggio di preminenza erotico-sociale (nel poter far finire nei guai un uomo con l'arma dell'attrazione sessuale e nell'esser creduta a priori mentre l'altra parte è tenuta a tacere e se parla reputata indegna d'ascolto e degna solo o del riso o del disprezzo)
Non sto dicendo che le donne siano tutte perfide e sadiche, sto solo esprimendo il mio sdegno per una giurisprudenza tale da permettere a chi lo sia di infierire massimamente sul primo uomo incontrato per strada. Sarebbe come una giurisprudenza che permettesse agli stupratori di infierire sulle vittime (le donne se ne lamenterebbero anche senza considerare tutti gli uomini stupratori).
Se la definizione del confine fra lecito e illecito è lasciata alla arbitraria interpretazione e alla irriproducibile (e spesso inconoscibile) sensibilità della presunta vittima, come sarà possibile anche per chi non ha fatto nulla di male dichiararsi innocente? Se una donna dichiarerà di essersi sentita molestata, come farà l'uomo accusato a sostenere il contrario, non essendo nelle sue facoltà entrare nella psiche della controparte e mostrare che non vi è stata sensazione di molestia? Che la donna menta o meno, l'uomo potrà soltanto dire di non aver avuto intenzione di molestare e di non aver compiuto nulla di oggettivamente molesto.
Se però l'oggettività del diritto è sostituita dalla soggettività femminile la condanna risulterà sistematica (poichè il reato verrà definito a posteriori e a capriccio della presunta vittima).
Bella prospettiva per uno stato di diritto.
Chiunque cammini per strada e incontri una donna rischia due anni di carcere anche senza aver intenzione di farle nulla, anche senza compiere alcuna molestia.
Avendo infatti voluto definire con tale parola anche quanto non lascia alcun segno oggettivamente riscontrabile , sarà sovente impossibile dimostrare l'esistenza o meno della molestia. E se si prosegue quanto si sta affermando in termini di violenza sessuale, si finirà per credere a priori alla donna (considerata de facto unica fonte di verità e sensibilità umane da difendere e proteggere ad ogni costo, anche a quello dello stato di diritto) pur senza testimonianze di terzi o riscontri oggettivi, e fidandosi soltanto del suo racconto "credibile" (qualcuno ha forse confermato o provato il presunto sguardo molesto costato 10 giorni di carcere ad un povero malcapitato viaggiatore?).
Ciò che davvero è molesto (così come pure ciò che davvero è violento) erano puniti anche prima. Qui si sta solo allargando la definizione ad esclusivo capriccio delle presunte future vittime. Peccato il contrario non valga per gli uomini.
Se toccare un culo costa anni di carcere e esclamare un compimento qualche mese, allora il fare le stronze, come ormai costume in ogni luogo e tempo, dalla strada alla discoteca, dalla scuola all'età adulta, suscitando ad arte il disio per poi compiacersi della sua negazione,
infliggendo, per vanitò, capriccio, interesse economico-sentimentale (autostima) o sadico diletto, tensione emotiva, irrisione al disio, umiliazione pubblica e privata, senso di nullità, frustrazione intima, sofferenza fisica e mentale, inappagam,ento a volte fino all'ossessione e disagio se ripetuto da sesusale ad esistenziale,
dovrebbe essere punito con decenni, perchè il danno alla psiche è notevolmente maggiore.
Il fatto che gli uomini, per obbligo culturale a mostrarsi forti e cavalieri e per plagio psicologico femminista (che li dipinge come carnefici anche quando sono vittime) in genere non lo ammettano non significa non esista.

La legge sulla violenza sessuale è invece stata sospinta dalla campagna mediatica sulla sicurezza, dimentica dei più elementari principi del diritto.
La carcerazione preventiva (ovvero prima del processo e dell'eventuale condanna) non ha nulla a che vedere nè con la gravità del reato di cui si è accusati, nè con la pena da scontare se si è condannati ed è giustificata solo e soltanto quando, oltre ai gravi indizi di colpevolezza, vi è evidente ed imminente pericolo o di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove. In ogni altro caso non è accettabile ove viga la presunzione di innocenza. Non può affatto, per nessun reato, essere la norma. Che poi sia stato usata a sproposito in passato da certi magistrati per motivi politici è tutt'altro discorso. Se ci sono stati episodi di giustizia sommaria in passato non è un motivo di reiterarli nel presente o addirittura di istituzionalizzarli come norma.
Prima di dire colpevoli bisogna istruire un regolare processo e concedere tutte le garanzia del diritto all'imputato, altrimenti si tratta di vendetta personale istituzionalizzata o di linciaggio plebeo.
Non bisogna affatto lasciare che la rabbia e l'irragionevolezza della plebe, delle femmine e delle bestie si impadronisca della giustizia.
I giornali sono bravi a sfruttare il momento in cui accadono un paio di episodi gravi e veri per montare la psicosi, affiancando ad essi qualsiasi notizia di eventi anche solo lontanamente correlati, mescolando verità e menzogna, fatti accertati e fatti presunti, reale gravità oggettiva ed esagerazione emotiva e soggettiva, ponendo in prima pagina anche quegli episodi che di norma non finirebbero neppure nei trafiletti di cronaca e facendo passare per certezze terribili e acclarate anche semplici denunce, per allarme immediato e inaudito quanto rientra in statistiche in calo.
Questo accade periodicamente con gli stupri come con le rapine in villa, le madri assassine, i delitti fra coniugi, gli omicidi fra amici e fidanzati. Quando poi il periodo in cui uno di questi argomenti è in auge finisce, anche i fatti accertati e gravi vengono poi passati sotto silenzio.
Adesso sembra tutto uno stupro, salvo poi magari scoprire dopo due anni (come successo a Bologna) che il "mostro" sedicenne accusato dall'amichetta di violenza nel bagno di una discoteca ha passato due (!) anni agli arresti domiciliari per qualcosa di mai accaduto e frutto di un puro capriccio erotico-sentimentale della fantasia femminile.
E allora che accade?
Che se si vogliono per legge abolire i domiciliari per gli accusati di stupro anche persone innocenti come quel ragazzo passarebbero due anni addirittura in galera, sempre ammesso siano altrettanto fortunati da trovare testimoni in grado di scagionarli (altrimenti la millenaria stupidità cavalleresca unita alla moderna la demagogia femminista, imponendo di credere a priori alla donna, li condannerebbero anche senza prove).
Anche i colpevoli dei reati più gravi devono essere tutalati dal diritto. Se si inizia a considerare, sulla base dell'onda emotiva femimnea e dello della vendicativa irrazionalità popolare, qualcuno indegno di tutela giuridica, si cancella il fondamento stesso del diritto.
Togliere i domiciliari, per legge, a tutti gli accusati di stupro, impedendo ai giudici di valutare caso per caso la sussistenza o meno dei requisiti per richiedere la carcerazione preventiva, equivale a cancellare, in un crimine che riguarda le donne (e assunto a simbolo tanto dalla cavalleria medievale quanto dal femminismo contemporaneo), la presunzione di innocenza.
Come ben detto e spiagato, in uno stato di diritto la carcerazione prima di regolare processo non può essere la norma.
A maggior ragione non può esserlo per il reato di "violenza sessuale" così come definito dall'interpretazione femminista bovinamente accettata dalla maggioranza idiota dei maschi e tale da mettere assieme un reato vero e grave con tanti episodi veri o presunti, dalla gravità più o meno seria, dalla veridicità più o meno accertabile, e spesso più appartenenti alla sfera del pensiero, dell'intenzione o addirittura della fantasia che non a quella della realtà effettuale, tanto da essere definibili più correttamente come "psicoreati".
Nel diritto romano perchè esista un delitto deve esistere un danno oggettivo ed evidente. Ogni stato di diritto conosce questo principio. Lo psicoreato stupro fa invece eccezione. La definizione vaga e onnicomprensiva del reato di violenza o molestia imposta dalla demagogia femimnista include potenzialmente qualsiasi atto, gesto, toccata e persino sguardo non abbia in sè nulla di oggettivamente violento o molesto ma sia "sentito" tale dalla soggettività femminile.
Va da sè per chiunque sia capace di deduzione logico-matematica che quando la definizione di violenza o molestia viena affidata all'arbitrio soggettivo e irriproducibile della presunta vittima allora i numeri della violenza possono essere tutti gli interi da zero a infinito.
Finchè per stupro si intendeva una violenza oggettiva ed evidente, di cui si pretendevano i segni sul corpo come prova, allora solo i colpevoli potevano essere condannati. Poichè invece si pretende di considerare violenza anche quanto non essendo oggettivo (come ad esempio il giudicare se il tentare, l'insistere e il resistere ai no di un corteggiatore siano violenza e costrizione o adeguamento al gioco amoroso voluto socialmente e naturalmente dalle stesse donne, il quale prevede che l'uomo tenti sempre, senza sapere a priori se la propria azione avrà successo, e senza poter chiedere alla controparte se l'attacco sarà gradito, come non lo si potrebbe in guerra, e insista, non si fermi ai primi rifiuti, insegua mentre la donna fugge e si opponga al suo rifiuto se questa lotta come chi non vuol vincere) può lasciare non alcun segno evidente a terzi, chiunque può essere condannato. Come si fa infatti a dimostrare di non aver toccato minimamente una donna, se anche toccandola non si lasciano segni? Come si fa più in generale a dimostrare di non essere stati nè violenti nè molesti se la donna, creduta a priori, può sia dire di aver sentito violenza o molestia secondo i propri soggettivi parametri (i quali proprio in quanto soggettivi non possono essere smentiti) o addirittura inventarsi tutto?
Di fatto si può essere incarcerati per anni senza che sia mai esistito alcun reato, esattmente come se si potesse finire all'ergastolo per un omicidio non solo mai commesso, ma neppure mai avvenuto. E' questa la mostruosità del femminismo culturale di cui gli uomini infinocchiati non si accorgono.
Ciò è evidente da episodi come quello di Parlanti, letteralmente rapito in un aereoporto tedesco grazie ad un mandato internazionale spiccato da uno sceriffo texano che ha voluto credere a dichiarazioni incredibili (fuori dal buon senso e dalla fisica) della ex-moglie (non nuova al denunciare i compagni per estorcere denaro a loro o per rubarlo allo stato come "vittima di violenza domestica") e poi condannato ad una pena da omicida solo perchè uomo e perchè italiano e ridotto a marcire in carcere per quanto non solo non ha compiuto, ma non sarebbe mai stato possibile ad alcun uomo fisicamente esistente compiere.
Via via vi sono poi esempi come quelli di chi viene denunciato per violenza e rapina da prostitute clandestine che non si presentano neanche al processo, come quelli di chi finisce in carcere per stupro di gruppo dopo aver litigato fino alle bottigliate (reciproche) con la ragazza la quale mettendosi poi a urlare e a piangere in strada rende automaticamente stupratori tutti i maschi presenti e amici del suo fidanzato, come quelli di chi solo perchè immigrato viene denunciato da una ragazzina in vena di sfoggiare preminenza sociale e attirare attenzioni morbose su di sè (e liberato solo perchè per caso le telecamere della stazione hanno mostrato la falsità), fino a quel viaggiatore condannato a una settimana di prigione per aver osato guardare (senza che nessun testimone abbia peraltro confermato ciò) la passeggera sua vicina.
E' il cedimento dello stato di diritto a permettere alla donna di accusare falsamente per capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, estorsione di denaro e privilegio o gratuito sfoggio di preminenza sociale nell'esser creduta a priori mentre l'altra parte è tenuta a tacere o ritenuta degna del riso, dei disprezzo e della condanna a priori;
definire a capriccio il limite fra lecito e illecito fino a rendere penalmente rilevante qualsiasi atto, detto, gesto, toccata o sguardo non sia oggettivamente nè violento nè molesto ma abbia la sola "colpa" di esprimere disio naturale per la donna o tentativo di carpirne i favori e non essere poi a posteriori da questa apprezzato (dopo che però è stato implicitamente indotto e socialmente preteso) permettersi letteralmente di tutto davanti all'uomo (CITA) senza temere le conseguenza poichè protetta dal proprio status di "dama intangibile".
O si ripristina lo stato di diritto anche nei casi di violenza sessuale (come c'è per l'omicidio, l'infanticidio, la strage, il terrorismo, eccetera), oppure si dica apertamente che si vuole considerare la donna gemma rara e preziosa da venerare e proteggere ad ogni costo, anche a quello di distruggere lo stato di diritto e a cui credere a priori senza bisogno di prove o riscontri oggettivi per condannare chi viene da lei accusato, lo si ammetta che si vuole imporre la donna quale unica fonte di verità e sensibilità umane mentre l'altra campana viene tenuta a tacere o reputata degna alternativamente del riso o del disprezzo aprioristici.
In tal caso chi ama il diritto se ne andrò nel vituperato mondo arabo, il quale presenterà certo parecchi difetti e ingiustizie, ma almeno su certi temi ama avere certezze prima di lapidare.

Stiamo lentamente scivolando verso gli usa, dove (in maniera eticamente e socialmente incoerente) non si riconoscono fra i diritti dell'uomo l'oggettività del diritto, la presunzione di innocenza e la gradazione della colpa per tutto quanto, afferendo alla sfera sessuale, suscita l'irrazionalismo pruriginoso e totalitario di stupidità puritana e demagogia femminista, dove viene punito come violenza e molestia tutto quanto oggettivamente non ha nulla nè di violento nè di molesto, ma viene definito tale (a posteriori) dalla soggettiva sensibilità della donna, senza riscontri oggettivi in definizioni chiare a tutti a priori nè tantomeno prove concrete (le quali non potrebbero ovviamente sussistere nel caso di atti normalmente non reati divenuti perseguibili solo in conseguenza di quanto la presunta vittima dice essere accaduto nella sua psiche), dove il prof deve fare ricevimento con la porta aperta per paura di denunce e spennamenti legali, dove gli avvocati consigliano di non entrare in ascensore soli con donne, dove persino chi inavvertitamente sfiora una passeggere nella ressa dell'aereoporto viene accusato di molestie vuol dire che non esiste oggettività del diritto (e anche chiunque non faccia nulla di male deve temere).

PARLANO DI UGUAGLIANZA
Parlano di uguaglianza, ma nel mondo moderno occidentale le donne sono sempre più uguali degli uomini.
Ogni distinzione basata sul sesso avviene in loro favore, dalla sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile dei costumi (che nei luoghi di svago fa pagare meno le donne in quanto ritenute più rare, più preziose, più portatrici di divertimento e cultura, uniche degne rappresentanti della bellezza, della raffinatezza, dell'intelligenza e di ogni altra dote nobilmente umana), alle discriminazione delle pari opportunità delle leggi che riservano posti, privilegi e fondi perduti alle donne in quanto donne, distruggendo ogni concetto di colpe e meriti individuali, confondendo causa con effetto e soprattutto dimenticando come quanto la demagogia femminista propaganda per "ingiustizia", "oppressione" o "discriminazione", tutte le cifre e le statistiche citate (lavori part-time, media retribuzioni, quantità di donne laureate che non lavorano, scarsità di donne in certi lavori e in certe posizioni ecc.) non siano la conseguenza di una discriminazione, ma, AL CONTRARIO, l'effetto macroscopico di un PRIVILEGIO, o, meglio, dello sforzo disperato e vitale dell'uomo di compensare con la fatica, il lavoro, l'eccellenza economica ed il livello sociale quel privilegio posseduto dalle donne per natura, evidente sia (soprattutto nel ruolo di amante) in desiderabilità e potere grazie alle disparità di numeri e desideri volute dalla natura a lei favorevoli, sia (in ogni rapporto non solo e non tanto sessuale) in influenza sul mondo tramite quell'influsso naturale su quanto in ogni uomo vi è di più profondo e irrazionale (derivante dalla sua predisposizione naturale all'esser madre e dunque al plasmare un'anima come si fa coi fanciulli pur mo' nati, all'intuire in anticipo i desideri e i bisogni, a parlare senza parole e a intendere senza mostrarlo, a vedere quanto alla coscienza altrui è ancora oscuro, a leggere dentro senza esser letta) e in virtù del quale in ogni rapporto non banale l'influenza della donna sull'uomo è molto maggiore di quella inversa.
La propaganda femminsta dà concetto e una misura di emancipazione basati unicamente su valutazioni numeriche o ideologiche riguardo il lavoro. Ciò coglie solo la superficie del problema e non tocca le motivazioni profonde dell'essere umano. Il lavoro infatti è un mezzo, non già un fine supremo dell'essere umano, né una sua escatologica realizzazione (come pare nell'idealizzazione capitalista del guadagno). Il vero fine dell'essere umano non è arrivare in una determinata posizione socio-economica in sé o svolgere un determinato lavoro in quanto tale. Non è così che la vita in sé si compie e i desideri si appagano. Il fine supremo, anzi profondo, dell'uomo (e della donna) è essere riconosciuto, apprezzato, desiderato. Raggiungere una certa posizione socioeconomica, svolgere un certo lavoro, piuttosto che non sposarsi, essere belle, sfilare ecc. sono soltanto i mezzi con cui si può essere riconosciuti, apprezzati e desiderati nel mondo odierno.
Per privilegio di natura prima ancora che di cultura, la donna ha la possibilità di essere dal mondo apprezzata, ammirata, disiata al primo sguardo in sé e per sé, per la sua grazia, la sua leggiadria, la sua essenza mondana (quando manca la bellezza, vi supplisce l'illusione del desiderio), senza bisogno di compiere imprese (cui sono invece costretti i cavalieri i quali senza esse restano purno nulla) o di mostrare necessariamente altre doti, poiché l'uomo la desidera primieramente per la bellezza.
Al contrario, poiché la donna vuole selezionare fra i tanti che la desiderano colui che "eccelle", l'uomo è costretto a mostrare un certo valore, a faticare, a competere, a raggiungere una certa posizione socio-economica o anche culturale e di prestigio, giacché il concetto di "eccellenza", trasposto nel mondo umano, non ha valenza soltanto estetica, ma si ammante di una sfaccettata serie di significati ed implica conseguentemente per l'uomo un'altrettanto variegata serie di "imprese da compiere".
Se non vi riesce, rimane un puro nulla e non solo non ha alcuna speranza d'esser degnato d'uno sguardo dalle donne, ma risulta completamente trasparente per tutta la società (giacché non può esercitare nel mondo quell'influenza indiretta sugli uomini e sulle cose per tramite di quanto in essi è di più profondo e irrazionale, quell'influsso sui pensieri e sulle azioni che per disparità di desideri ed inclinazioni sentimentali è proprio della donna).
Per la donna la carriera è una scelta, per un uomo un obbligo. Altrimenti è infelice, non può godere di ciò di cui ha bisogno per natura e non ha né accettazione né stima del sesso opposto.
CITA non ho visto ma non trovo
Di ciò non si può non tenere conto parlando di "parità", sempre che si abbia come fine una parità effettuale o, meglio, una uguale possibilità di ogni individuo di cercare la via per essere felice, o meno infelice possibile, secondo i propri personalissimi ed ingiudicabili parametri. In caso contrario significa o che si è troppo stupidi per capire la sostanza del problema oltrepassando l'apparenza o troppo perfide e false per ammettere di avere un vantaggio (molto più influente della superiore forza fisica maschile) il quale DEVE essere compensato da una società che voglia essere non dico giusta, ma almeno FUNZIONANTE (solo quanto è bilanciato, come lo è stato il mondo della tradizione, può funzionare a lungo). La terza via significa semplicemente ritenere accettabile la crudeltà della natura solo perché in questo caso va (o sembra andare) a vantaggio della donna, sottendere che l'uomo debba sempre essere tiranneggiato o reso profondamente degno del riso da questa e definire arbitrariamente la disparità naturale come "giustizia naturale" (ragionamento tipico delle ecofemministe: e sarebbe interessante la loro reazione a chi sostenesse giusto per l'uomo approfittare della brutalità fisica e delle forze naturali di coesione , ossia del branco, per schiavizzare le donne, perché è il discorso simmetrico a questo quello sostenuto da certe ecofemministe e da certe donne).
E' ipocrita poi un mondo che chiama svantaggio il privilegio e chiama discriminazione una scelta (dettata da diversi desideri di natura).
Se vige la morale pseudo-cavalleresca, per cui sia per cultura sia per legge è sancito che l'uomo debba mantenere la donna (se questa non ha voglia di lavorare o di cercare un lavoro in grado di farle guadagnare quanto desidera), se anche per un semplice rapporto "free" l'uomo deve dare infinite cose in pensieri, parole, opere, fatiche, dignità (quando deve recitare da cavalier servente) e soprattutto doni e regali e inviti a cena, se una donna può ottenere (economicamente e sentimentalmente, oppure in moneta di vanagloria e autostima) tutto senza dare nulla più che un sorriso, se viene accettata, disiata o comunque socialmente apprezzata in ogni dove di per sè, in quanto "soave fanciulla", per la sua grazia, la sua leggiadria ed ogni altra dote attribuitale per natura e cultura (addirittura anche quando, come accade spesso, manca la vera bellezza) perché mai una donna dovrebbe faticare per arrivare a guadagnare tassativamente una certa cifra (come ha l'obbligo l'uomo per non essere un nulla) o raggiungere una certa posizione di prestigio socio-economico (quella indispensabile invece all'uomo per essere ammirato e potersi circondare delle donne che desidera) dato che già per natura piovono su di lei privilegi principeschi (in relazione all'uomo), complimenti, desiderabilità e ammirazione, o comunque accettazione, sociale e per natura le viene dato tutto?
Sarebbe molto stupida se non ne approfittasse, facendosi per quanto possibile mantenere o, se ama il lavoro, scegliendo una professione per puro gusto e non per soldi (ed è per questo e solo per questo che le donne svolgono mestieri meno remunerati ma non per questo meno appaganti in sé).
Se deve sempre essere l'uomo a "spendere" (sia materialmente, sia idealmente) per la sola speranza di conquista, deve esistere per lui ALMENO LA POSSIBILITA' di guadagnare di più, altrimenti dove trarrebbe le risorse per la "rincorsa"? O per voi è naturale che l'uomo viva perennemente infelice e inappagato?
La donna, per privilegio sia di natura sia di galanteria, ha la possibilità, nella sfera dell'AUTOSTIMA (erotica ed affettiva), di essere ammirata, disiata ed apprezzata al primo sguardo e, in quella del POTERE (personale e sociale) di influenzare l'agire e il pensare degli uomini (e quindi la storia), SENZA BISOGNO di faticare, compiere "imprese" o mostrare eccellenza in doti particolari (come i cavalieri che se non le dimostrano non sono né disiati né ammirati) o di raggiungere una posizione di preminenza sociale ed economica (come invece gli uomini che senza di essa non contano nulla).
E tutto questo vale per natura, poiché è il maschio ad essere indotto dalla natura ad onta di perigli e fatiche a seguire la femmina nel più fitto dei boschi e chissà dove, non viceversa.
Tale disparità DEVE essere compensata in un modo o nell'altro dall'ordine sociale. Il denaro è un mezzo (o il mezzo attuale).
Se le persone sono lasciate libere tale "riequilibrio" avviene senza discriminazioni, non per effetto di divieti o svantaggi alle donne, ma per conseguenza di libere scelte diverse dettate da bisogni diversi, inclinazioni diverse e doti naturali differenti. E' se si pretende di eliminare a posteriori tale riequilibrio che si compie azione ingiuste e discriminatoria in quanto un'uguaglianza imposta penalizzerebbe gli uomini DATO CHE il non avere il femminista 50 e 50 non deriva da discriminazione contro le donne ma dal fatto che esse (per privilegio naturale e culturale) hanno meno bisogno di certe posizioni e di certe carriere (per essere felici o anche solo socialmente accettate e amorosamente disiate) e quindi non vi spendono tanto tempo ed energia come sono invece obbligati a fare gli uomini: conseguentemente correggere a posteriori per avere il politicamente corretto 50 e 50 sarebbe come, per il puro gusto di "pareggiare", rallentare a metà di una competizione chi ha corso e faticato di più perché aveva più necessità di arrivare prima.
Se davvero si realizzassero i propositi del ministero delle pari opportunità la situazione sarebbe totalmente a svantaggio dell'uomo, e non certo pari o giusta.

Le leggi su aborto, divorzio e violenza sessuale, poi vengono sistematicamente applicate a senso unico.
  • Per la legge sull'aborto una donna ha non solo la possibilità di disconoscere ed abbandonare un neonato senza alcuna conseguenza legale, ma anche il diritto di decidere ad arbitrio (strano per un mondo dominato dal culto dell'individui autodeterminati uguali per nascita e dalla religione dei diritti umani e dei diritti dei più deboli) sulla vita e la morte del nascituro, mentre l'uomo ha il dovere sia di riconoscere e mantenere figli che non voleva (a volte neanche suoi), sia di accettare che un figlio voluto sia soppresso dalla compagna.
  • Per la legge sul divorzio, la donna ottiene sistematicamente la casa, i figli, metà o più delle sostanze del marito e soprattutto il diritto a scegliere se lavorare se ne ha voglia, se lo ritiene vantaggioso, se trova un impiego che la appaghi materialment e moralmente o farsi mantenere a vita dall'ex-marito in caso contrario (e anche qualora questo non ne abbia più la possibilità economica, come dimostrano i separati costretti a dormire in macchina, a fare gli straordinari o a divenire barboni, folli o omicidi nel tentativo di sostenere "alimenti" impossibili), mentre l'uomo ha il dovere di accettare il rischio di fare la fine di un esule ottocentesco (privato di casa, famiglia, roba, affetti e di ogni possibile speranza futura di felicità), di continuare a mantenere chi non sta più con lui (e magari si è messa con un altro con cui potrebbe benissimo vivere senza aiuti dall'ex) quando non di finire in galera per stupro coniugale, violenza domestica o stalking a causa di accuse false, infondate, distorte o esagerate ad arte e comunque usate a fini meramente strumentali per metterlo in condizioni di debolezza contrattuale nella causa di divorzio. Che una donna debba mantenere un uomo non accade mai, poichè, anche senza le disuguaglianze legali de facto, esistono quelle naturali di numeri e desideri, in conseguenza delle quali per le donne la posizione socioeconomica di un uomo è un criterio di scelta imprescindibile almeno quanto per gli uomini lo è la bellezza corporale nella scelta della consorte. Che un uomo possa accusare degli stessi reati una donna è parimenti raro per le disparità di fiducia a priori di cui per via di due millenni di cristianesimo e di stupidità cavalleresca e due decenni di demagogia femminista i due sessi godono presso polizia, società e tribunali.
  • Per la legge sulla violenza sessuale la parola di una donna (se credibile), vale di fatto come prova (tanto che si finisce in galera immediatamente in attesa di indagini più accurate, come accaduto al ragazzo di bologna prosciolto dopo due anni di domiciliari quando finalmente le indagini difensive trovarono testimoni in favore, del processo, come accaduto a diversi ragazzi accusati di violenza su discotecare varie, o addirittura dell'appello, come accaduto a dua cagliaritani accusati di stupro di gruppo pur in assenza di ogni prova della violenza sessuale sul corpo della ragazza), mentre quella di un uomo, per valere, ha bisogno di schiaccianti evidenze in favore (i due romeni della cafferella sono restati in carcere persino dopo che il dna li aveva scagionati, per "il quadro inquisitorio comunque pesante", il che vuol dire "per l'accusa della vittima"). Addirittura negli usa (verso cui però anche l'europa si sta muovendo) anche solo chiedere all'accusatrice di fornire descrizioni dettagliate e dimostrabili dei fatti, riscontri oggettivi della presunta violenza, prove certe, oggettivamente valutabili e razionalmente quantificabili dell'effettiva gravità e realtà del danno ricevuto (il quale solo giustifica, in uno stato di diritto, una grave condanna) è considerato "seconda violenza" (esattamente come nel processo inquisitorio secondo la caricatura anticlericale, nel quale il mettere in dubbio l'accusa, tanto da parte dell'imputato quanto da parte del suo difensore, costituiva di per sè prova di colpevolezza o comunque aggravante del reato ipotizzato), quando al contrario è soltanto mettendo in dubbio entrambe le versioni e cercando senza pregiudizi riscontri nei fatti all'una o all'altra è possibile stabilire la verità. Mike Tyson non ha potuto far valere il fatto che l'accusatrice aveva falsamente accusato un altro. Kobe Briant rian ha dovuto dimostrare la consensualità del rapporto (quando di norma dovrebbe essere l'accusa a dover provare la non-consensualità, non essendo il rapporto reato in sè ma solo se dovuto a minaccia o costrizione), Parlanti è in carcere senza prove. Ecco, questa è la "presunzione di innocenza" americana. chiunque può andare in galera a tempo determinato per la sola parola di una donna senza riscontri oggettivi.
E l'uguaglianza è questa: qualsiasi accusa anche solo minimamente afferente al sesso diviene nell'inconscio collettivo di giudici, poliziotti e media identificata con la colpa più grave immaginabile, anche quando nulla ha a che fare con quanto ogni mondo civile ha in ogni tempo definito e punito come stupro. Ecco che così non esiste più non solo una presunzione di innocenza, ma nemmeno, per i colpevoli, una pena proporzionata all'effettiva ed oggettiva gravità della colpa.
qualsiasi minimo o presunto ferimento alla soggettiva sensibilità femminile nella sfera sessuale è considerato crimine massimo da punire nella miniera più ampia, dolorosa e umiliante possibile (e senza possibilità di normale difesa), mentre ferimenti anche più gravi alla diversa e non già inesistente sensibilità maschile vengono passati come trascurabile banalità, divertente normalità o addirittura diritto della donna.
Toccare un sedere costa anni di carcere, mentre "toccare" in maniera molto più dolorosa, frustrante, e provocante ferimento emotivo, irrisione profonda, umiliazione pubblica e privata, sofferenza fisica e mentale, disagio da sessuale ad esistenziale il corpo o la psiche maschili (facendo ad esempi ripetutamente le stronze nella maniera che ho definito mille volte e che tutti, interessate comprese, sanno per vera) è addirittura divenuto stile pubblciitario o hollywoodiano.
Cercare disperatamente di ristabilire un contatto con chi, nonostante tutto, è ancora la madre dei suoi figli, può costare al marito una condanna decennale, mentre ridurre la sua vita quella di un esule ottocentesco privato di casa, famiglia, roba, beni materiali e morali, figli, interesse per la vita e residue speranze di felicità non costa nulla alla ex-moglie (anzi fa guadagnare molto).
Cercare di ottenere un rapporto sessuale in una maniera per la quale la demagogia femminista ha anche solo un minimo dubbio di consensualità (uso di alcool, corteggiamento insistente, promesse di favori lavorativi, atteggiamento da conquistatore ecc.) è considerato tanto grave da giustificare almeno dieci anni di carcere (anche quando i presunti danni alla presunta vittima, quando esistono, spariscono dopo la prima tinozza d'acqua bollente o vengono dimenticati dopo un congruo risarcimento) e provocare intenzionalmente ad un uomo danni ben più gravi e ben più certi (violenze fisiche e mentali nella sfera sessuale, come ballbusting pretestuoso o la stronzaggine del suscitare ad arte il disio e poi compiacersi della sua negazione e di come essa, resa massimamente dolorosa, umiliante e beffarda possibile da una studiata perfidia e da una premeditata e sperimentata tecnica, possa far patire all'uomo le pene fisiche e mentali dell'inferno della privazione dopo le promesse del paradiso della concessione, farlo sentire una nullità, ferirlo emotivamente, renderlo ridicolo davani a sè e agli altri, umiliarlo in pubblico e in privato, provocargli irrisione al disio, sofferenza fisica e mentale, inappagamento fino all'ossessione e disagio da sessuale ad esistenziale, o addirittura, e i casi famosi non sono mancati, mutilazioni, devastazioni del corpo o della psiche tali da impedire di vivere ancora felicemente il sesso, come comunemente avviene ogni sera alle vittime delle tante stronzette da discoteca, spoliazioni di ogni ricchezza materiale e sentimentale, legalizzata come divorzio e mantenimento, confisca dei beni e privazione dei figli con qualche denuncia enfatizzata ad arte, distruzione con metodi femminili della famiglia e di ogni affetto privato e di ogni rispettabilità sociale, addirittura omicidi) vengono trattati come follie momentanee da curare con qualche mese di clinica.

E anche in europa si sta introducendo questa porcheria per la quale (alla faccia dell'uguaglianza) un uomo può finire in galera solo sulla parola dell'accusatrice senza riscontri oggettivi (mentre ovviamente non vale il contrario, e non solo perchè la disparità di desideri è tale che sono sempre e solo gli uomini a doversi far avanti e quindi a rischiare accuse di violenza, ma anche perchè, quando la violenza è femminile, come nel caso di accuse false di stupro che producono nella vittima, sottoposta da innocente a carcere, gogna mediatica, distruzione affettiva del mondo e pericoli di violenze fisiche e psicologiche di ogni genere quali ritorsioni, un trauma comparabile a quello di una vera vittima di stupro). E nessuno se ne lamenta.
Basta dunque essere ritenuti credibili e saper raccontare storie credibili per far finire in galera qualsiasi uomo senza prove?
Ma non è pazzesco e indegno pure del medio-evo? Come si può tollerare una cosa del genere in uno stato di diritto? Come si può concedere a tutte le donne su tutti gli uomini un potere di distruzione arbitraria della vita quale avevano i re, i principi e le polizie segrete nei momenti più bui della storia? Nessuno che osi dubitare (come ogni ricerca della verità pretende) sulla veridicità a priori delle accuse? Vi sono mille motivi per accusare falsamente: capriccio, vendetta arbitraria, ricatto, interesse economico-legale o gratuito sfoggio di preminenza nell'esser credute a priori e considerate unica fonte di verità e sensibilità umana mentre l'altra campana è tenuta a tacere o reputata degna del riso o del disprezzo. E anche se non ve ne fossero, deve sempre spettare all'accusa provare la sussistenza di un reato, non alla difesa dimostrarne la non esistenza (del resto, come insegna l'epistemologia di Popper, di quanto esiste è sempre possibile in linea di massima provare l'esistenza, mentre di quanto non esiste non sempre è possibile provare la non-esistenza). Non è necessario pensar male delle donne in particolare. Anche le persone più irreprensibili possono, in ogni ambito della vita, voler accusare falsamente qualcuno di un certo reato per i più reconditi e inspiegabili motivi, specie se rischiano poco o nulla (rispetto all'accusato) e sanno di essere credute gettando una presunzione di colpa sull'accusato. Più si toglie la presunzione di innocenza, più si incoraggia fra le persone la tentazione e il costume di togliere di mezzo gli "indesiderati" tramite la delazione (come nei regimi totalitari). Per questo in tutti gli altri reati, prima di chiedersi perchè l'accusa dovrebbe mentire, ci si chiede se esistono prove del fatto denunciato. Non si può basare un'azione penale soltanto sulla parola di chi accusa, per quanto credibile possa apparire nel presente o essere stata in passato.
Perchè poi la credibilità della parola di una donna vale e quella di chi si deve difendere da lei no, anche se magari in passato è stato sempre credibile come e più di lei? Allora vi è disparità giuridica! Le "dame" sono trattate da aristocratiche con il diritto di definire i confini fra lecito e illecito e far valere la propria parola come prova anche di quanto non avvenuto. In uno stato di diritto non solo la parola di tutti deve avere uguale valore, ma è preferibile un colpevole fuori che un innocente dentro, quindi in dubio pro reo.