mercoledì 7 febbraio 2018

PERCHE’ DOBBIAMO ESSERE TUTTI ANTIFEMMINISTI




Sono antifemminista perchè non voglio che le donne possano mantenere gli antichi privilegi (corteggiamento, galanteria, mantenimenti, protezioni, favori materiali e psicologici) assieme ai moderni diritti.

Sono antifemminista perchè voglio sia data agli uomini almeno la possibilità di compensare (con lo studio, il lavoro, la posizione sociale, il prestigio, la ricchezza, la cultura, il potere e quant'altro possa conseguire da meriti o fortune individuali) tutto quanto, in desiderabilità e potere, è dato alle donne per natura dalle disparità di numeri e desideri nell'amore sessuale nonché da quelle psicologiche legate alla predisposizione all'esser madri.

Sono antifemminista perchè solo bilanciando in tal modo i poteri nella realtà effettuale (non quella delle figure dello spirito hegeliane, astrazioni intellettualizzate sempre presenti al fondo dei discorsi del socialismo progressista in genere e del femminismo in particolare, ma quella abitata da persone reali con istinti veri e concrete azioni), solo riducendo il vantaggio femminile nella realtà di ogni “stato di natura” (quello dei desideri naturali, degli impulsi vitali, dei bisogni psichici innati e profondi che muovono ultimativamente ogni azione ed ogni scelta umana alla fine, anzi, al principio, della catena delle cause, quello insomma che Schopenhauer chiamava “mondo come volontà”), grazie a costruzioni di origine e significato propriamente virili nel “mondo come rappresentazione” (educazione, arte, etica, stato, società), è possibile anche per gli uomini avere la stessa possibilità di scelta e la stessa forza contrattuale delle donne in quanto davvero conta davanti alla natura, alla discendenza ed alla felicità individuale, in altre parole, pari opportunità di vivere liberi e felici.

Sono antifemminista perchè non voglio che una moglie dica al marito cosa fare, gli imponga di fare, o induca a fare (o non fare) qualcosa, grazie semplicemente alla aperta o tacita minaccia di privarlo dell'appagamento dei bisogni naturali legati ai sensi (tale minaccia, pur sempre esistita nella storia, diviene vera fonte di tirannia nel matrimonio femminista, il quale impone l'obbligo di fedeltà senza vincolarlo a quanto un tempo erano allusoriamente detti “doveri coniugali”, con le conseguenze immaginabili per il sesso più bisognoso di appagare i sensi carnalmente).

Sono antifemminista perchè non voglio che una fidanzata possa convincere il fidanzato, indurlo o costringerlo a fare qualcosa che odia o che lo degrada (montare mobili, fare shopping noioso, girare per l’Ikea nel w/e) o a vivere la vita diversamente da come egli vorrebbe con la esplicita o malcelata minaccia di lasciarlo, la quale, da legittima che è in ogni stato liberale, diventerebbe invece totalitaria, terribile e paralizzante se, come vorrebbero gli stati femministi, non fosse possibile per i garzoncelli, in alternativa al fidanzamento, rivolgersi alle sacerdotesse di Venere prostituta per appagare i loro bisogni di bellezza e piacere.

Sono antifemminista perchè non voglio che (come inevitabilmente avviene in occidente in conseguenza della sopravvalutazione estetico-filosofica della figura femminile operata da un femminismo che altro non fa se non proseguire con altri mezzi ideologici la stupidità cavalleresca dell'alto medioevo) una ragazza, più o meno bella, più o meno colta, più o meno intelligente, più o meno ricca, possa far sentire qualunque ragazzo (magari anche di livello estetico, intellettivo e di estrazione socioculturale pari o superiore) uno “sfigato” trattandolo con malcelata sufficienza, o addirittura con aperto disprezzo e con pubblica irrisione solo perchè non corrisponde ad assurde pretese da rotocalco, ha timidamente tentato un approccio o ha ingenuamente cercato di carpirne i favori in maniera a posteriori non corrispondente agli inconoscibili gusti ed agli imperscrutabili fini dell'interessata.

Sono antifemminista perchè non voglio che un ragazzo si senta obbligato a far propri pensieri, opinioni e visioni del mondo difformi dal proprio sé autentico, ad adottare stili di vita non amati, a prendere scelte di lavoro o di studio non pienamente conformi alla propria speranza di felicità e di libertà solo e soltanto per avere una speranza di essere mirato, amato e accettato dalle società femminil-femminista e dalle donne, o solo e soltanto per aumentare, con il numero delle persone con cui venire in amichevolmente contatto, la probabilità di incontrare una fanciulla desiderabile di cui essere oggetto di scelta (la quale diviene unilaterale e imprevedibile, come ogni arbitrio ed ogni tirannia, quando non viene compensata e frenata dalle strutture e dalle posizioni sociali con forme che la demagogia femminista chiamerebbe superficialmente “discriminazioni” - come appunto la possibilità per un ragazzo capace e meritevole nello studio di accedere a posizioni di ricchezza e prestigio superiori a quelle mediamente possedute dalle fanciulle desiderabili - ma che hanno il solo scopo di rendere bilaterale la scelta e bilanciato il potere).

Sono antifemminista perchè, se una ragazza ha la bellezza (o, meglio, la sua illusione generata dal disio) per essere universalmente mirata, amorosamente disiata, socialmente accettata (al primo sguardo, con la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono, senza bisogno di inventarsi qualcosa per distinguersi dalla massa, senza necessità di mostrare altre doti, senza obbligo di compiere quelle particolari imprese cui sono invece costretti i coetanei “cavalieri”, i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente), allora è giusto, o perlomeno equo, che un ragazzo possa conseguire doti immediatamente evidenti e valide intersoggettivamente al pari della bellezza con cui “star di paro” a colei da cui è ineludibilmente attratto (non parlo di quelle particolari doti di sentimento o intelletto, di apprezzamento del tutto soggettivo, arbitrario e spesso pure casuale, che tanto gli uomini quanto le donne possono avere, che hanno bisogno di modi e tempi particolari per esplicarsi, magari di colloqui solus ad solam per rivelarsi reciprocamente, che per persone non predisposte possono pure parere difetti insopportabili e che dunque non possono dare alcun bilanciamento di prima attrazione e di successivo potere, ma di quelle che, da subito evidenti, per tutti validi e da tutte desiderabili, realizzano la magia di rendere a priori interessante per la donna concedere quel colloquio in cui eventualmente, possono farsi sensibili i sogni e i taciti pensieri, la delicatezza d'animo, la raffinatezza d'intelletto, la squisitezza di cultura, la magnificenza dello spirito, la magica capacità di generare immagini e suoni con le parole chiamata poesia, la facoltà, chiamata prosa, di raccontare storie, miti e avventure per dire l'indicibile di sé, per parlare con parole più brucianti delle più brucianti carezze, per comunicare all'altra anima con un flusso più continuo dello scorrere di un torrente, e quant'altro può essere espresso con la capacità e l'ordine del dire, con la modulazione della voce, la scelta dei vocaboli, le sfumature degli aggettivi, e i sottesi delle storie, i silenzi più eloquenti delle più eloquenti parole, i quali sarebbero tutti inutili chiavi di porte per camere ignote appese al muro senza la possibilità di aprire, prima, la porta principale con la master-key del primato e del prestigio sociale).

Sono antifemminista perchè non ritengo “naturale” che (come avviene sempre nei paesi femministi nonostante si faccia finta del contrario) fanciulle di bellezza non alta ma di comportamento sempre altezzoso possano sfruttare le disparità naturali di desideri per tirarsela all'inverosimile, che fanciulle anche solo lontanamente paragonabili al moderno eterno femminino possano già atteggiarsi a miss mondo, avendo in ogni tempo e luogo stuoli di amanti, ammiratori e corteggiatori, che qualunque creatura, nata per caso donna, possa comunque trovare la sua piccola “corte dei miracoli” di mendicanti d'amore (che stanno sulla porta come i clientes in attesa della sportula).

Sono antifemminista perchè non voglio che il “fare la stronza” (ossia suscitare ad arte il disio solo per compiacersi della sua negazione e di come questa, resa massimamente beffarda, dolorosa e umiliante da una studiata e raffinata perfidia, possa gettare nell'inferno della delusione dopo le promesse del paradiso della concessione; attirare direttamente o indirettamente chi non si è affatto interessate a conoscere bensì soltanto a respingere, deridere intimamente o pubblicamente facendolo sentire uno fra i tanti, un banale scocciatore; mostrare le proprie forme fra vesti discinte solo per porsi su un piedistallo di irraggiungibilità, per generare frustrazione negli astanti, per farli sentire nullità di fronte ad una bellezza non compensabile, per maltrattarli se tentano un qualunque approccio; usare sguardi, movenze, e svestimenti per indurre a farsi avanti chi si vuole soltanto disprezzare, rendere ridicolo a se stesso e agli altri, ferire nell'intimo e irridere nel disio in maniera traumatica e indelebile, trattare da molesto e far sentire privo di qualità come uno straccio da gettare; sfruttare le debolezze erotico-sentimentali per infliggere dolore fisico e mentale, per provocare disagi da sessuali ad esistenziali, per realizzare sbranamento economico-sentimentali o comunque psicologici; usare insomma l'arma della bellezza per ingannare, irridere, ferire, umiliare, come e peggio di quanto un bullo farebbe della forza fisica verso un ragazzo più debole) ormai nell'occidente femminista divenuto comune tanto sui luoghi di lavoro quanto in quelli di divertimento, tanto nei rapporti più fugaci e occasionali quanto in quelli più lunghi e sentimentali, sia un “diritto”.

Sono antifemminista perchè non voglio che un ragazzo sia detto privo di sentimenti o misogino solo perchè, per evitare la stronzaggine di cui sopra, o semplicemente per non passare, per principio (a proposito di pari dignità fra i sessi) sotto le forche caudine del corteggiamento, si rivolge alle sacerdotesse di venere prostituta (che il femminismo vorrebbe bandire con tali argomentazioni ideologiche).

Sono antifemminista perchè, se la donna ha, all'interno dei ruoli ad essa propri per natura e che nemmeno la più misogina delle società potrebbe mai alienare (madre, amica, amante, confidente) il proprio modo di influire sulle cose e sugli uomini (molto più di quanto possa avvenire l'inverso) tramite quanto vi essi vi è di più profondo e irrazionale (come notato persino da quel distratto idealista egalitario di Rousseau), allora trovo iniquo che l'uomo non debba poter disporre nell'arte come nella religione, nella politica come nella storia, nel pensiero come nella società,
di quelle strutture ingiustamente definite oppressione ed invece edificate nei momenti fondativi di ogni civiltà superiore non già per opprimere (chè non è l'obiettivo dei savi) bensì per non rischiare di essere troppo oppresso, come avviene in natura nelle speci in cui la preminenza della femmina non viene bilanciata socialmente (un esempio per tutti il mondo insectide dove il maschio, totalmente apolide può pure venire divorato quando non più utile o, restando al mondo mammifero, la società degli elefanti ove, privi di ogni potere, i maschi vivono nell'emarginazione e nella frustrazione di ogni bisogno fisico e psichico), come avviene ora in quella sottospecie di stato di natura che è l'età scolare (nella quale, mentre sulle coetanee già fiorisce la bellezza, ai maschi non è ancora data la possibilità di conseguire e mostrare doti con cui essere parimenti disiati amorosamente, accettati socialmente, ammirati immediatamente e quindi, in attesa delle ricchezze e dei poteri cui aspireranno con merito o fortuna da adulti, vivono “giorni orrendi in così verde etade” se non troppo stupidi per capire la situazione dietro il velo di maya dell'amore pseudouniversale predicato dalle insegnanti), come sicuramente avveniva nelle società matriarcali amate da femministe, anarchici e socialisti (ovvero, per dirla con Nietzsche, i più rispettabili imbecilli che la storia ricordi e, questo lo aggiungo io parafrasando una canzone sui progressisti, i più intellettualizzati coglioni che “dalle cattedre di scuole e dell'università hanno fatto la cultura con i ragli ed i qua qua”).

Sono antifemminista perchè non voglio che, per un uomo, l'età scolare duri in eterno, con delle presunte insegnanti in diritto di dirgli sempre cosa è bene e cosa è male dall'alto di una presunta superiorità morale o di una presunta maggiore maturità e delle belle fanciulle in potere di irriderlo (nel pubblico o nel privato), ferirlo (nella psiche, nel sentimento, nel disio) o tiranneggiarlo (nell'erotismo o nella vita) grazie a una desiderabilità non compensabile (con, ad esempio, maggiori ricchezze, poteri, prestigio).
Sono antifemminista perchè non sopporto le disparità di diritti fra chi avrebbe appunto il diritto a mostrare (senza limiti, remore né regole, neppure quelle del buon senso, della decenza o dell'empatia) le grazie che vuole, nel modo che vuole, per il tempo che vuole e chi avrebbe invece il dovere di non guardare quanto pur pubblicamente e liberamente mostrato (se non nei modi, nei tempi e nei luoghi “autorizzati” a posteriori dall'eventuale gradimento della vanitosa di turno), fra l'abbondanza di leggi, costumi e reazioni pubbliche pronte a punire penalmente, psicologicamente e socialmente chiunque tocchi una donna con un dito (sfiorare un sedere costa mesi di carcere e decine di migliaia di euro di multa, sulla sola parola della presunta vittima anche senza alcuna prova certa) e l'assoluta assenza di altrettante leggi contro chi, in maniera forse meno manesca ma non certo meno penetrante violi la diversa e non già inesistente sensibilità maschile stronzeggiando (anche se in maniera plateale e certissima, magari dimostrata da danni irreversibili alla psiche e alla vita del malcapitato), fra il giudizio indulgente ed anzi elogiativo verso l'istinto femminile di mostrarsi in ogni dove belle e disiabili, sublimato nella moda, nel costume, nella cinematografia come bello, raffinato, evoluto, puro, e la condanna o comunque la denigrazione, la banalizzazione, lo svilimento morale ed estetico del corrispondente opposto complementare istinto maschile di mirare, seguire e cercare di ottenere la bellezza, universalmente dipinto oggi come brutto, rozzo, primitivo, impuro (e quindi ostacolato da leggi e costumi femministi in ogni più perfido modo).

Sono antifemminista perchè non voglio che un uomo sia accusato di molestie per uno sguardo, di stalking per un corteggiamento a posteriori giudicato non gradito e insistente (quando, a priori, nemmeno un seduttore esperto nell'ars amandi come Ovidio potrebbe saperlo senza provare, essendo, nell'arte dell'amore come in quella della guerra, la sorpresa, la tenacia e la risolutezza elementi imprescindibili della possibilità di successo: nessuno ha mai conquistato una posizione chiedendo prima autorizzazione al nemico, mostrandosi accondiscendente ad ogni sua richiesta, lasciando perdere ai primi apparenti insuccessi) o addirittura di violenza per qualcosa di non oggettivamente dimostrabile come tale o comunque di non confermato da testimonianze terze (come avviene oggi con l'uso femminista di leggi risalenti al ventennio fascista dove la parola della presunta parte lesa vale come prova mentre quella del presunto colpevole non può contrapporsi alla pari, con il risultato di ribaltare il principio giuridico del “in dubio pro reo”).

Sono antifemminista perchè non voglio che un ex-marito diventi anche ex padre, o sia condannato ad una fine da esule ottocentesco privato di ogni avere, di famiglia, casa, roba, di ogni possibilità materiale, morale e sociale di farsi una vita, in conseguenza di leggi femministe su aborto, divorzio e violenza sessuale (le associazioni femministe sono esperte nell’aiutare le donne a trattare la causa di divorzio da una posizione di forza semplicemente esagerando ad arte o addirittura inventando di sana pianta presunte “violenze”).

Sono antifemminista perchè non amo le dicotomie e non posso quindi accettare che all'iper-chiarezza nella formulazione astratta del principio “ci deve essere consenso esplicito e chiaro fra le parti” corrisponda una concretezza femminile fatta (per vera indecisione o per studiata strategia, per vuoto capriccio di vanità o per intento di accrescere il proprio valore economico-sentimentale) soltanto di “forse” detti e non detti (i quali, se interpretati per sì, aprono la strada a possibili accuse di molestie, stalking, violenza, mentre se interpretati per no, portano sistematicamente ad essere definiti pavidi nel corteggiamento, ad essere emarginati dalle relazioni amorose a ridursi a “fare all'amore con il telescopio”), non posso ammettere che all'iper-razionalismo nel giustificare in abstracto il principio di uguaglianza di cittadini e cittadine davanti alla legge, al lavoro, persino allo sport, corrisponda la totale irrazionalità accettata nel comportamento delle donne reali, le quali disprezzano chi anche solo con lo sguardi ammirato le apprezza (e proprio perchè le apprezza e proprio mentre le sta apprezzando), fuggono da chi interessa loro pretendendo di essere inseguite, pregate, corteggiate, ritengono interessante chi si discosta dall'uomo comune proprio perchè le ignora (salvo poi trattarlo, alla pari di qualunque altro corteggiatore, con malcelata sufficienza o aperto disprezzo quando smette di ignorarle), non posso tollerare che all'iper-egalitarismo nell'analisi culturale della società secondo criteri “progressisti” (quelli che negano le differenze naturali e partono da figure dello spirito anziché da esseri viventi) corrisponda la tacita sopportazione di privilegi femminili immensi (specie per le conseguenze psicologiche nella verde età) quali quello di entrare da ragazze gratis ovunque mentre i maschi devono pagare, di poter star ferme sul piedistallo della bellezza costruito dall'altrui desiderio naturale mentre i ragazzi devono obbligatoriamente muoversi per primi, sforzarsi di indovinare cosa fare, cosa dire, cosa offrire, come compiacere, come farsi piacere, sperare di raggiungere una posizione di primato o prestigio sociale apprezzabili già di lontano o comunque procurarsi un'occasione per mostrare eventuali doti di sentimento o intelletto potenzialmente apprezzabili da vicino, come l’inestimabile eterno privilegio della donna (disprezzato dalle femminil-femministe del “ma cosa cazzo guardi?” in un modo che sa proprio di estremo sberleffo nei confronti del maschio), insomma, di trovarsi nella posizione psicologicamente più facile di chi può valutare con calma tutti i pretendenti, costretti a guardarla dal basso verso l'alto come mendicanti alla corte dei miracoli d'amore e posti, volenti e nolenti, come sotto esame con le relative tensioni psichiche e le inevitabili subalternità di ruolo, ma senza la sicurezza di poter contare su elementi e criteri di certezza e merito come avviene invece nello studio, e scegliere, arbitrariamente e senza preavviso, se divertirsi con loro o su di loro (nel senso di “contro” le loro speranze e la loro dignità).

Sono antifemminista, infine, perchè, con la sua pretesa di “rieducare” l'uomo nei suoi impulsi più profondi e naturali, di cambiarlo “antropologicamente” nel pubblico come nel privato, di mutare tutti i suoi istinti sessuali e sociali e soprattutto nel dannare e condannare quello che egli è (o si suppone essere stato) nella storia e nel presente, tanto nell'immediatezza dei suoi desideri quanto nel mediato del suo rappresentare il mondo, il femminismo si mostra manifestamente quale forma estrema di totalitarismo.



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