Con due secoli di ritardo rispetto a Vittorio Alfieri, il
governo “gialloverde” ha finalmente compreso quanto un’Italia libera e unita
non possa nascere se non in odio alla Francia. Alfieri scriveva questo dopo la delusione dei propri ideali
giovanili vissuta vedendo quello stesso popolo, che si era riempito la bocca
della parola “libertà”, arrivare al punto di costruire, con la sua osannata “republique”,
una tirannide peggiore di quella dei re. Il genocidio della Vandea, il primo
dell’età contemporanea, e il terrore giacobino, anticipazione (con il suo
rovesciare ogni diritto ed ogni ragione, con il suo condannare come “nemici”
tutti quelli che non riuscivano a dimostrare la propria innocenza e con il suo
perseguitare le persone per la loro appartenenza politica o etnica, a
prescindere da colpe e meriti individuali) dei grandi totalitarismi del novecento
sono lì a dimostrarlo, per chi ancora fosse così ingenuo da cantare a cuor
leggero la “marsigliese”.
Un po' di storia...
Rispetto ai tempi dell’Alfieri, poco la Francia ha fatto per
farsi riamare e molto ha invece commesso per meritarsi un odio ancora più
acceso. Una manciata di anni dopo il ritorno dell’Alfieri in Italia, Napoleone,
con il trattato di Campoformi, “vendeva” la Repubblica di Venezia (con tutti i
suoi possedimenti di cui peraltro, piccolo particolare, egli non era affatto “legittimo
proprietario”) all’Austria. Ciò rendeva da un giorno all’altro esuli patrioti
come Ugo Foscolo, che altro non potrà se non comporre un’immortale ode alla sua
Zacinto e giurare altrettanto immortale odio a Bonaparte. Nasceva così,
soprattutto, la questione dell’Irredentismo italiano a nord-est, che si
risolverà (parzialmente) soltanto nel 1918, con la vittoria nella prima guerra
mondiale (sotto questo aspetto, considerabile anche come quarta guerra d’Indipendenza)
e che oggi è di nuovo riaperta, considerato come fra pochi giorni cada l’anniversario
dell’esodo dei Dalmati e degli Istriani da terre che, prima del pasticcio
napoleonico, erano state veneziane (e quindi, per traslato, italiane) per più
di mille anni (fascismo, jugoslavia, tito, nazismo, partigiani e compagnia sono
tutte disgrazie venute dopo, a cascata rispetto a quella “rapina con omicidio” ai
danni della Serenissima repubblica).
La narrazione tutto sommato filofrancese che la scuola “Piemontese”
ha deciso di fare dell’Unità d’Italia trascura (o comunque minimizza
notevolmente) alcuni importanti particolari. Il primo: nel 1859 Napoleone III, nel
bel mezzo della Seconda Guerra d’Indipendenza (che aveva promesso invece di
combattere fino alla liberazione di tutto il Nord Italia), si ritira
inopinatamente, per motivi di politica interna (temeva di perdere consenso
spendendo uomini ed energie in una guerra di cui ai Francesi, evidentemente
tutt’altro che nostri “buoni cugini” affezionati alla nostra libertà dallo
straniero, non fregava nulla), ma ottiene comunque, in cambio dell’intervento
fino a quel momento prestato (che ci aveva fruttato la Lombardia e poco altro),
Nizza (patria di Garibaldi) e la Savoia (terra natale dell’omonima dinastia
regnante) che Cavour aveva promesso in origine. E qui, di conseguenza, nasce
anche l’irredentismo italiano a nord-ovest, che quindi non potrà poi, nel 1940,
essere ascritto alla sola propaganda fascista (“Nizza, Savoia, Corsica fatal…”).
Il secondo: nel 1848, lo stesso Napoleone III (quello che Victor Hugo chiamava
perfidamente “il piccolo” per distinguerlo dall’altro) aveva inviato a Roma il
generale Audinot (cui ancora, in città allora pontificie come Bologna sono
intestate vie!), in sostegno del potere temporale del Papa e contro i patrioti
italiani, per spegnere nel sangue la “repubblica romana” del triumvirato
Mazzini-Saffi-Armellini. E si dovrà attendere il 1870, con la guerra
franco-prussiana e la provvidenziale disfatta francese di Sedan (dove
finalmente quel parvenue della storia venne accerchiato e distrutto dalle
truppe di Von Moltke) per poter annettere Roma al neocostituito Regno d’Italia
e porre fine a quell’anacronismo che era lo stato pontificio (e poteva piacere
solo ad un amante del sottosuolo cristiano come Dostojeskij).
Ma queste sono quisquiglie rispetto a quanto accaduto nel
Novecento. Il secolo inizia con Parigi che ci soffia da sotto al naso la
Tunisia (uno degli ultimi pezzetti d’Africa non ancora colonizzato e
geograficamente molto più vicino all’Italia che non alla Francia). Noi, per
ripicca, scegliamo di allearci con gli ex-nemici austriaci e il nuovo Reich del
Bismark formando la Triplice Alleanza.
Eppure, al momento dello scoppio della
grande guerra, un po’ perché l’irredentismo a nord-est (il Trentino, la Venezia
Giulia, l’Istria, la Dalmazia) è più sentito di quello a nord-ovest (Nizza,
Savoia e Corsica, tutto sommato, “pesano” meno da un punto di vista geografico
e storico), un po’ perché, nonostante tutto quanto subito dagli eredi dei
Galli, ci sentiamo comunque, per lingua, cultura, letteratura, costumi e modo
di essere artisti, più vicini a chi fin dai temi dei Romani è di qua dal Reno
che non a chi è di là, scegliamo di correre in soccorso della Francia. Il Vate
D’Annunzio, forte dei suoi trascorsi parigini e della sua comunanza di gusti e
stili con gli artisti francesi della belle epoque, accende gli animi
inneggiando alla comune difesa della “Latinità” dai “barbari” germanici.
Dopo 3 anni di guerra e 600.000 morti, al momento di sedersi
al tavolo della pace proprio nella reggia francese di Versailles, i nostri
amati “cugini” ci tirano il pacco: di quanto promesso dal patto di Londra
(partecipazione alla spartizione delle colonie tedesche, accrescimento dell’influenza
nei Balcani, Istria e Dalmazia fino a oltre Zara e Sebenico) ci vengono
concesse solo le briciole. La Francia (assieme all’Inghilterra) ha la
sfacciataggine (nonostante quanto messo nero su bianco quattro anni prima) di
appoggiare la demagogica politica del presidente americano Wilson che decide di
creare ex-nihilo la cosiddetta “Jugoslavia” (un abominio frutto della
piramidale ignoranza della geografia e della storia che sarà causa di più di
una tragedia nel secolo successivo). Della serie: i nemici che abbiamo
sconfitto come austroungarici si rinominano Jugoslavi e mantengono quanto
avrebbero dovuto cederci. Solo un cretino (o un filibustiere in malafede) può a
questo punto pensare che l’Italia, a prescindere da Mussolini, non avesse tutti
i motivi morali, politici, civili e storici per combattere la guerra mondiale
successiva dalla parte opposta rispetto a quella di simili “alleati” (come
direbbe Dante, “il modo ancor m’offende”: il ministro francese, che soffriva di
prostata, ebbe il coraggio di dire, a proposito di quello italiano, che si
lamentava dell’ingiusto trattamento riservato dopo la vittoria ad un alleato
come l’Italia: “se potessi pisciare come lui piange…”). Il Vate si ravvede, ma troppo tardi: "Volgiamo le spalle all’Occidente che ogni giorno più si sterilisce e
s’infetta e si disonora in ostinate ingiustizie e in ostinate servitù.
Separiamoci dall’Occidente degenere che, dimentico d’aver contenuto nel
suo nome «lo splendore dello spirito senza tramonto», è divenuto una
immensa banca giudea in servizio della spietata plutocrazia
transatlantica." (pare il ritratto del governo Macron scritto esattamente 100 anni prima)
Ed è qui che nasce il capolavoro dei professorini di storia,
degli intellettuali di sinistra, dei venduti della penna, i quali hanno scambiato
l’antifascismo per anti-italianità (Benedetto Croce non glie lo avrebbe
perdonato). Parlano, da allora, di “pugnalata alle spalle della Francia” per il
nostro intervento in guerra del 1940. Avremmo dovuto infliggere una pugnalata
al cuore nel 1939, altroché!
In nome dell’Europa, nel dopoguerra si sarebbe anche potuto
dimenticare tutto, se, negli ultimi anni, i Francesi, assieme peraltro ai
Tedeschi, non avessero iniziato ad usare regole ed istituzioni europee per mero
tornaconto nazionalistico, a danno dei paesi meno “forti” (soprattutto a danno
dell’Italia, saccheggiata dalle multinazionali francesi quando, a ruoli
invertiti, ogni tentativo italiano viene stoppato dai mangiarane con qualche
pretesto). Insomma, ci fanno la morale sul debito, ma quando a loro è servito
sforare per non distruggere del tutto lo stato sociale che hanno ancora, lo
hanno fatto. Ci fanno la morale sull’immigrazione, ma da tempo non accolgono
più nessun povero migrante. Ci fanno la morale sul libero mercato ma pare che
per loro la libertà sia solo quella di acquistare i nostri marchi più
prestigiosi (forti di un’economia che, grazie al nucleare e ai rapporti
particolari con le loro ex colonie come l’Algeria, non deve fare i conti con la
dipendenza energetica).
Soprattutto, cento anni dopo la Tunisia, ci hanno fregato
pure la Libia (la quale, con Gheddafi, pur fra alti e bassi e tante polemiche,
era comunque la “nostra” ex-colonia con cui avere rapporti “particolari” e “privilegiati”),
a prezzo di una guerra civile sanguinosa giustificata con la solita retorica “democratica”
e “rivoluzionaria”, di una destabilizzazione di tutta la regione che ha portato
l’Isis quasi a minacciare le nostre coste, di un azzeramento del tenore di vita
del popolo libico (prima relativamente benestante ed ora alla disperazione), di
una inevitabile nuova crisi migratoria (ancora in corso).
Un po' di attualità...
Ce ne sarebbe abbastanza da non permettere mai più ai
francesi di appellarsi a termini evidentemente retorici come “Europa”, “pace”, “democrazia”,
“libertà”: tutte favole in bocca a loro come già preconizzato dall’Alfieri.
Ma anche questo non sarebbe sufficiente a farsi odiare dall’autore
di questo blog se il governo francese non avesse recentemente varato due misure
nazifemministe: l’istituzione del reato di acquisto di prestazioni sessuali
(ovvero il divieto di andare a puttane e quindi l’obbligo per ogni uomo di
scegliere fra frustrazione sicura del disio e possibile tirannia attraverso di
esso) e la multa per chi approccia e rivolge complimenti alle donne per strada
(con la scusa delle molestie si rende quindi pure potenzialmente reato anche l’ultimo
modo rimasto per procurarsi favori femminili: accettare di passare sotto le
forche caudine del corteggiamento che, ahimè, iniziano sempre da una nuova
conoscenza e da un complimento).
Micron dovrebbe essere decapitato in piazza per il suo
collaborazionismo con la doppia tirannide finanziaria e femminista!
Il mio odio si fa anche politico quando vedo gli stessi
alleati delle nazifemministe accusare di “nazismo” le uniche parti politiche
ancora relativamente non troppo compromesse con la finanza internazionale e la
misandria femminista. E’ il caso di Macron e di Henri-Levy che, dopo aver
contribuito a diffondere il duplice cancro del potere finanziario (che divora
ricchezze reali in nome di indici cartacei) e dell’empietà femminista (che
divora la stessa natura dell’uomo, considerato colpevole in quanto tale,
sbagliato in quanto maschio), parlano del “populismo” (ovvero di ogni idea
politica non disposta a chinare il capo al pensiero unico dei diritti umani
senza vera umanità e del liberismo vera senza libertà), del “nazionalismo”
(ovvero di ogni amore per la propria nazione, “una d’arme, di lingua, d’altare,
di memorie, di sangue, di cor” non svendibile ad interessi economici), del “sovranismo”
(ovvero di ogni legittima pretesa dei popoli di non cedere la propria sovranità
a meccanismi burocratici che di europeo hanno solo il nome e a finanzieri senza
patria con interessi spesso fuori d’europa) come di una “lebbra” che
distruggerebbe “l’universalità, la verità, l’amore” (questi ex-giacobini
parlano ormai come preti dell’ancien regime!)
Lasciamo stare l’universalità, con la quale fin dai tempi di
Robespierre e Napoleone i francesi si sono sentiti in diritto di invadere il
mondo raccontando la favola dell’esportazione degli ideali rivoluzionari
(appunto pretesi essere validi universalmente quando manco funzionavano nella
loro patria), ma che oggi un Henri-Levy (uno di quelli che lodava l'intervento
Usa in Iraq nel 2003, giustificato agli occhi del mondo con le prove false
fabbricate dall’amministrazione Bush! Uno che era con Sarkozy e con Obama
quando i due “eroi della rivoluzione e della democrazia” gettavano la Libia nel
caos che dura ancora oggi raccontando la favola della “primavera araba”) abbia
il coraggio di parlare di “verità” grida vendetta.
Ha la faccia tosta di dire che “la verità era uno dei
pilastri della democrazia attaccato alle fake news dei populismi”?
Dopo che lui e tutto il suo amato “Occidente libero”, per
almeno 70 anni (per non dire, aggiungo sottovoce da nietzscheano, da 2000, se
li consideriamo come ultimi epigoni delle menzogna egalitarie e delle favole
progressiste nate con il cristianesimo!) hanno mentito su tutto!
Decenni di bugie progressiste...
Hanno mentito sulla storia
• quando
hanno attribuito ai tedeschi "barbari" (visti come pericolosi
guerrafondati) ed al "militarismo prussiano" (presentato come brama
di conquistare il mondo) la colpa della prima guerra mondiale, mentre erano
piuttosto gli inglesi ad aver conquistato (da gentiluomini in patria e pirati
sugli oceani) un quarto delle terre emerse, a mantenere la quasi totalità
dell'oro su cui si fondava il valore del denaro (gold standard) e quindi a
voler stroncare qualunque potenziale "concorrente" (tanto economico
quanto politico);
• quando
hanno fatto credere che i motivi della seconda guerra mondiale fossero solo le
brame di potere del "grande dittatore", mentre erano piuttosto in
gioco, in politica estera, i terrotori che storicamente erano stati almeno in
parte tedeschi e, in politica interna, la possibilità effettiva di reggere una
società contemporanea non sull'usurocrazia bancaria (Ezra Pound docet) ma sul
lavoro (impedendo così alla finanza senza patria di arricchirsi a danno dei
popoli come avveniva prima e coma torna ad avvenire ora);
• quando
nel caso della guerra civile italiana, hanno raccontato di liberatori contro
collaborazionisti, di buoni contro cattivi, mentre i primi erano semplicemente
a servizio o dell'internazionalismo comunista o di quello angloamericano, ed i
secondi erano quelli che si sono rifiutato di cambiare bandiera in una guerra
in cui l'Italia, già mutilata della vittoria nella grande guerra dagli alleati,
aveva tutto il diritto (per il proprio posto al sole) di scendere in campo a
fianco dei tedeschi, mentre i primi (dopo magari essere stati fascisti quando
faceva loro comodo) si sono "da rossi" abbandonati a torture,
esecuzioni e vendette trasversali indegne di ogni concetto di umanità, ed i
secondi (almeno per quanti ne ho potuto personalmente conoscere) hanno
dimostrato una coerenza, un coraggio ed una dedizione alla causa (giusta o
sbagliata che fosse) veramente degni dei trecento di Leonida.
Pazienza, ho iniziato allora a dirmi da adolescente,
rinuncio ad essere "fascista" (le virgolette sono dovute al fatto che ero definito così unicamente per il mio irredentismo dannunziano) e guardo al presente.
Il mio presente è però una società dove le menzogne "liberal"
hanno posto le premesse di una vera e propria tirannide femminista,
• quando
hanno presentato il femminismo come "emancipazione", mentre in realtà
tutto quanto, nel mondo come rappresentazione (cultura, stato, società) da esso
viene definito "oppressione" era l'equo, umano e pacato bilanciamento
dei privilegi naturali femminei nel mondo come volontà;
• quando
hanno fatto credere che il femminismo volesse solo parità di diritto (e
doveri), mentre, nella realtà sotto i nostro occhi, si rivela costantemente un trucco femminile
per mantenere assieme antichi privilegi (galanteria in ogni senso lato,
corteggiamento, desiderabilità fino al possibile esercizio della tirannia) e
moderni diritti;
• quando
hanno convinto gli stolti che il femminismo non avesse nulla contro gli uomini
in quanto tali, mentre la cronaca di tutti i giorni, depurata della distorsione
giornalistica, narra di uomini distrutti (con i metodi descritti nelle note a
questo e ai precedenti capitoli) dalle leggi femministe su aborto, divorzio e
violenza sessuale.
Pazienza, ho continuato a dirmi, accetto le "pari opportunità"
(tanto non mi toccavano direttamente e facevo finta fossero giuste al di là
della mia visione filosofica che ho cercato di delineare), non mi sposo, non
faccio figli, non conquisto, neanche corteggio, così evito tirannie, accuse
false, stronzaggine. Anzi, vado solo a puttane, così non ho bisogno di
bilanciare (ormai impossibile proprio per colpa della parità di genere)
desiderabilità e potere per trombare (mi basta pagare). E invece no. Le
menzogne "liberal" sul femminismo sono andate oltre
• fino a
vietare quasi ovunque la prostituzione (con fake news del genere "sono
tutte schiave" e deliberazioni parlamentari basate su documenti
pseudoscientifici prodotti da lobbies femministe che hanno prima allontanato
qualunque ricercatore discorde dal loro approccio ideologico);
• fino a
far percepire alle donne come "normale" sbottare su internet contro
chi ha cercato (magari maldestramente, ma non certo con ostilità) di
approcciarle, creare videogiochi per "vendicarsi" dei complimenti
(figuriamoci allora se fossero insulti!), scrivere manuali su come fare
"meglio" le stronze;
• fino a
far sentire inappropriato o addirittura sbagliato ogni disio di bellezza (da
cui oscuramenti di miss italia e sparizione delle grid girls dalla F1), ogni
tentativo realistico di conquista (da cui la montature del metoo e la
colpevolizzazione contro chi ha la possibilità, finalmente, di contare su
qualcosa di oggettivamente valido ed immediatamente evidente - soldi, posizione
sociale, prestigio, potere, cultura - con cui bilanciare la bellezza, di cui si
è discusso) ogni detto, gesto o occhiata
avente la sola "colpa" di esprimere disio naturale per il corpo della
donna e di non essere da questa (a posteriori) gradito (cosa che non si può
peraltro sapere in anticipo e che comunque sarebbe da rischiare nella
prospettiva del "dovere di corteggiare" imposto de facto ai maschi);
• fino a
rendere potenzialmente reato anche uno sguardo.
Potevo allora rinunciare alla mia natura? Rinunciare a
desiderare? Rinunciare ad essere maschio? Al massimo, potevo guardare altrove,
cessando di essere "sessuocentrico". Smettere di guardare il mio
ombelico (o quello che c'è sotto) per guardare il mondo?
Bene, ma allora i "liberal" hanno iniziato a
mentire anche sulla storia che si svolgeva sotto i miei occhi
• quando
hanno presentato le varie rivoluzioni "colorate" in nordafrica e in
medioriente come un 1848 arabo, mentre erano chiaramente pilotate dagli
interessi materiali e ideali degli Usa e dei loro alleati (come si evince dal
peggioramento nelle condizioni di vita in quei paesi che costringe i cittadini
a emigrare da noi);
• quando
hanno dipinto il golpe in Ucraina come una sollevazione popolare mentre era
chiaramente un'operazione pilotata ancora una volta dai "filantropi"
di Wall Street (mentre i servizi segreti russi erano occupati a fare la guardia
ai giochi invernali di Sochi) al fine di portare l'Ucraina nell'UE e nella
Nato;
• quando
hanno presentato Putin come un nuovo Hitler mentre, semmai, era la Nato ad
avere intenzioni di allargare ad est il proprio "spazio vitale"
mentre la russia, allora come nel 1941, semplicemente difendeva i propri
confini geopolitici,
• quando
diffamano i governi di Polonia e Ucraina come "dittatoriali" solo
perchè non hanno accettato di cedere la sovranità delle loro nazioni alla
finanza senza patria e alla globalizzazione senza volto (perchè, insomma,
vogliono una Polonia di Polacchi e un'Ungheria di Ungheresi, per sangue e per
spirito) e a tal fine tentano di ridurre le influenze delle varie ONG e della
propaganda progressista in genere in favore di una concezione più tradizionale
e nazionale della cultura e della vita.
Pazienza, mi dicevo ancora, piuttosto che mettermi contro
queste "verità ufficiali", rinuncio a guardare a tutto il mondo e
guardo solo in casa mia.
Anche qui, però, i “liberal” hanno mentito,
• quando
hanno diffuso la narrazione degli italiani spendaccioni causa del proprio male
e del proprio debito e quindi meritevoli di sgridate da Bruxelles, mentre, dati
alla mano, il debito si è creato non per una maggiore spesa pubblica rispetto
agli altri stati, bensì per maggiori interessi sul debito dovuti alla
separazione fra Tesoro e Banca d'Italia (che dopo il 1981 non ha più potuto
acquistare titoli di stato per difenderne la quotazione, lasciandoli in balia
della speculazione e del gioco al massacro degli interessi crescenti), ovvero a
quella situazione (dipendenza dello "spread" dai capricci del
mercato) che sarebbe poi stata propria di tutta l'Europa dopo la creazione
dell'Euro;
• quando
hanno finto di dimenticare che la crisi del 2008 non è stata generata dai pur
incompetenti governi italiani, ma dalle grandi banche d'oltreoceano (e dalle
agenzie di rating complici che oggi fanno la morale) con le loro
cartolarizzazioni ed è stata "rigirata" sull'Europa (e soprattutto
sull'Italia) con metodi variabili dalla "finanza creativa" alla
guerra contro chi (ad esempio Gheddafi) non accettava il dominio del dollaro
(che quindi ha potuto essere stampato in grande quantità senza perdere valore:
ecco come gli "evoluti" Usa sono usciti dalla crisi!).
Pazienza ancora, mi sono detto per l’ultima volta, lascio
stare la politica e guardo solo la cronaca. Eppure, per l’ennesima volta, i
“liberal” hanno mentito
• quando
hanno iniziato a presentare le donne come vittime e gli uomini come colpevoli
mentre i femminicidi sono in numero infinitesimo rispetto alle volte in cui le
donne possono, con mezzi legali (anzi, da loro sentiti pure come naturali)
distruggere la vita di un uomo;
• quando
hanno continuato a lamentarsi delle "tante donne che non denunciano"
mentre con minime ricerche sull'argomento si possono enumerare infiniti casi in
cui proprio le denunce sono false o esagerate ad arte per trattare da una
posizione di forza in fase di divorzio;
• quando
hanno proseguito a lamentare le "troppe volte in cui le donne non vengono
credute"
proprio mentre, contro ogni principio di ragione e di diritto, si
è introdotta de facto (tramite il mantenimento di un meccanismo inventato -
ironia della sorte - durante il fascismo e consistente nel considerare anche
come testimone - quindi con l'obbligo di dire la verità - la persona
denunciante e non il denunciato) la possibilità di mandare in galera ogni
accusato sulla sola parola dell'accusa, anche prima e anche senza riscontri
oggettivi o testimonianze terze della presunta "violenza".
Allora ho detto: piuttosto che mettermi contro tutto il
mondo, guardo solo ai fatti miei. Purtroppo anche essi, pur limitati a
privilegiato e relativamente chiuso mondo accademico, hanno a che fare con
immigrazione, globalizzazione, Europa.
Qui i “liberal”
• hanno
mentito sull'immigrazione, quando l'hanno raccontata come una occasione di
arricchimento culturale mentre la realtà ce la mostra come la distruzione anche
della semplice prospettiva di poter continuare a parlare la tosca favella
(ovvero una delle lingue più antiche del continente, figlia legittima del Greco
e del Latino, sicuramente la più musicale - pari al francese per la dolcezza
dei suoni ma superiore per la varietà di registri - probabilmente la più
poetica in sè, per la varietà di significati e significanti delle parole
grondanti di tradizione e di richiami letterari, e comunque la lingua attorno a
cui da Dante in poi si è formata la visione del mondo del nostro popolo) in
favore di dialetti africani o indiani per strada (dove fra poco non si
incontrerà un italiano neanche a cercarlo col lanternino) e di un inglese
asettico e americanizzato a scuola (dove ormai, per puro gusto
internazionalista, è vietato parlare in italiano anche con gli studenti
italiani);
• hanno
mentito sulla globalizzazione, quando l'hanno propagandata come un ampliamento
di possibilità per imprese e persone dinamiche e meritevoli, mentre in realtà
si è rivelata quanto Diego Fusaro sintetizza nel termine
"glebalizzazione" (ovvero riduzione, tramite la concorrenza selvaggia
di paesi non certo socialmente evoluti, dei salari e dei diritti a livelli
precedenti le lotte sindacali e lo stesso stato liberale, nonchè distruzione -
per colpa della guerra combattuta più sui costi e sui numeri che non sulla
qualità - di interi settori artigiani e industriali prima di eccellenza);
• hanno
mentito sull'Europa, quando l'hanno osannata come destino di armonia e
cooperazione fra popoli liberi e sovrani (dopo anni di guerre fratricide),
mentre in realtà l'UE si è scoperta essere una tirannide dei paesi più forti
(Francia e Germania, ovvero quelli che avrebbero potuto unire l'Europa nei
secoli precedenti con le armi) su quelli resi più deboli da regole ad hoc (tipo
l'austerity utile alla sola Germania o certe politiche estere o energetiche
favorevoli sfacciatamente alla sola Francia), una burocrazia utile alle grandi
multinazionali per debellare la piccola impresa e alle grandi lobbies per
imporre (ex lege) un pensiero unico e un unico modo di vivere alle gente (fine
cui sono funzionali il femminismo e l'antirazzismo), un modo per rendere
l'Europa una brutta copia degli stati uniti, distruggendo la classe media, il
welfare, e, soprattutto, ogni ricchezza materiale (risparmio, piccola
proprietà, benessere di vita e tutto quanto viene minacciato dalle
"ricette europee" in materia economica con la scusa del "debito
da ridurre") e morale (specificità etniche, linguistiche e culturali del
popoli, minacciate dall'obbligo di integrazione degli immigrati - con la scusa
dell'umanitarismo - e di americanizzazione degli autoctoni - con la scusa del
progresso).
...e un po' di "amore"
Avete mentito su tutto ciò su cui vi era possibile mentire,
cari “liberal”! E poi parlate di amore? Venite su radio a leggere interviste a
quel vecchio cialtrone sedicente filosofo (per figuri simili ben ha fatto
Celine a scrivere “Bagatelle per un massacro”) pubblicate su “Repubblica” con
titoli quali “l’Europa è anche una certa idea di amore”?
Mi ricordate Trotzki, che in nome dell'amore per l'umanità
dava ordini disumani all'armata rossa nella guerra contro i bianchi. Mi
ricordate i preti, che in nome dell'amore di dio hanno costruito una religione
di odio (abissale) verso tutto quanto, nell'uomo, nella civiltà originaria
indoeuropea, è palpitante di vita (condannato come “peccato”), genera verso
l'alto (accusato di “sfidare dio e le sue leggi”) e brama l'affermazione di sé
nella storia (trasvalutato nei valori e narrato come “male”). Mi ricordate
soprattutto le vostre alleate femministe, le più accanite oppositrici di Trump,
le quali si strappavano le vesti, all’indomani delle elezioni, in nome
dell'amore universale, accusando il vincitore di aver basato la propria
campagna sull’odio, loro che da decenni seminano misandria!
Quale “amore” è il loro?
• Quello in
nome del quale, dalla scuola elementare ai corsi universitari, dalle commedie
di Hollywood ai simposi filosofici, dipingono l'uomo come fonte di ogni male
della storia e causa di ogni loro infelicità personale fino a riuscire in
qualche caso a suscitare in certi maschi "pentiti" un odio per la
loro stessa natura?
• Quello in
nome del quale usano l'arma della bellezza o comunque il privilegio psicologico
del loro ruolo di corteggiate, per ferire, irridere, umiliare e affermare il
loro diritto ad essere stronze?
• Quello in
nome del quale convincono leggi e costumi a considerare inappropriato,
deprecabile o addirittura ostile potenzialmente ogni tentativo maschile di
propiziare un contatto intimo?
E su quale “amore” dovrebbe fondarsi quello che resta
dell’Europa?
I Greci conoscevano ben tre precisi significati per la
parola: eros, l’amore sessuale, filia, l’amore che ci spinge verso le cose e le
azioni (amore per il sapere, amore per una data attività umana) e agapè, la pietà
per chi soffre.
Il sedicente “amore” che i liberal e le loro amiche
femministe venerano come dio
• non è
certamente eros, perché il naturale trasporto verso la bellezza che sorge con
la rapidità del fulmine e l'intensità del tuono nell'uomo davanti alle grazie
femminili viene de facto inibito, condannato o comunque reso quasi impossibile
da soddisfare nella società femminista, nella quale mostrarsi (e suscitare
disio) è un diritto ma guardare (ed esprimere disio) è un reato e nella quale
le disparità di numeri e desideri nell’amore sessuale fra maschi e femmine sono
accresciute ad arte per generare nei secondi precipuamente frustrazione, senso
di nullità e inappagamento;
• non è
nemmeno filia, perché tutto ciò che era
amabile nella vita (l'arte, la letteratura, l’automobile, la scienza) è stato
via via distrutto dalla declinazione “liberal” del “progresso” (l'arte, da
generatrice di opere di genio fungenti da consolazione persino per l’infelicità
umana di leopardiana memoria, è divenuta mera industria d’intrattenimento
sottoposta alle sole leggi del mercato e della propaganda ideologica “liberal”
– e quindi anche femminista - generanti ancora più infelicità soprattutto nei
giovani maschi che avrebbero più bisogno di essere consolati; la letteratura è
passata da luogo dell’anima in cui era possibile condividere sentimenti fra
uomini distanti nel tempo a mercato in cui si parlano tutte le lingue fuorché
quella della poesia che, da Petrarca a Leopardi, era invece riuscita, anche
grazie ai licei, a costruire un substrato culturale comune in grado di rendere
possibile persino la comunicazione fra i sessi da adolescenti; l’automobile è
stata trasformata da alter-ego meccanico dell’uomo, da compagna dotata di anima
ed oggetto di amore, ad elettrodomestico; la scienza è in pochi anni degenerata
da episteme a insieme di opinioni valutabili tramite il numero di “mi piace”
ricevuti e le facoltà scientifiche sono decadute da ricettacolo dei migliori
sapienti fra i giovani del paese, da luogo di ambizione e di eccellenza - per
entrare nel quale si sperava e soffriva durante le fasi di massimo impegno
nell’ascesi della conoscenza - a parcheggio sociale per mediocri e centro di
accoglienza per immigrati e profughi travestiti da studenti internazionali);
• non è
infine neppure agapè, perché nessuna pietà vi è per quegli uomini i quali, non
essendo riusciti a raggiungere una certa (e rara) posizione di prestigio o
preminenza nella società, restano in essa trasparenti e amorosamente negletti
dal sesso opposto, e se, con disperazione, tentano l’impossibile fortuna
nell’approccio, o vengono respinti con sovrano disprezzo e tacciati d’esser
molesti, volgari o violenti, o vengono sollevati nell’illusione e gettati nella
delusione dal gioco della stronzaggine, non ricevendo in alcun caso conforto
per il loro sempiterno inappagamento d’ogni disio (non solo nessuno stato paga
loro sacerdotesse di Venere per una consolazione almeno carnale, ma anzi molti
stati li multano o li perseguitano penalmente per averle cercate! E la morale liberal-femminista
li dipinge pure come insensibili, oppressori, malvagi, solo e soltanto per aver
cercato l’ebbrezza dei sensi e delle idee a pagamento, per non aver voluto
passare sotto le forche caudine delle stronze, per non essersela sentita di
atteggiarsi a conquistatori o di accettare tirannie erotico-sentimentali,
insomma, li condanna per le loro debolezze erotiche che sovente divengono pure
sentimentali!).
Un solo significato è possibile per il loro concetto di
“amore”: la compassione in senso cristiano che ha, come presupposto, il porre
l’origine del valore (e quindi del diritto) nel semplice fatto di essere nati
per caso uomini e, come conseguenza, la negazione di ogni specifico e diverso
tipo umano, di ogni valore affermato storicamente dall’uomo con le sue
costruzioni d’arte, di politica, di pensiero, di società, di civiltà. Insomma,
è proprio quell’amore per l’umano indistinto che cela l’odio abissale per
l’uomo differenziato. Quell’amore indiscriminato che è odio verso se stessi, la
propria identità, la propria civiltà e che, applicato all’Imperium Romanum,
condusse alla decadenza (conseguenza dell’estensione indiscriminata a tutti
della cittadinanza, dei diritti, eccetera). Applicato all’Europa di oggi, sta
conducendo alla dissoluzione (biologicamente, tramite l’immigrazione di massa e
psicologicamente, tramite l’americanizzazione di ogni forma di cultura) delle
identità di sangue e spirito che ne hanno costituito il nerbo nei momenti più
alti della sua civiltà, di cui la Grecia e Roma furono le origini e Gerusalemme
il principio della decadenza.
Non si creda che tutto questo “amore” sia disinteressato.
L’uomo avrebbe interesse a realizzare una società relativamente chiusa,
l’accesso alla quale fosse regolato da leggi ferree e da prove di valore
oggettivo, in modo da garantirsi, una volta entratovi per merito personale, di
trovarvi dentro relativamente pochi “concorrenti” e relativamente tante belle
donne, affascinate anche solo dall’aurea di una tale “eccellenza”. Sono le
donne ad avere, al contrario, interesse a vivere in una società “aperta”, nella
quale tutti i nati per caso uomini possano accedere, e dentro la quale non solo
la concorrenza fra maschi sia altissima e inumana, ma i criteri della
competizione, essendo lasciati al caso, possano venire di volta in volta stabiliti
a capriccio (e a posteriori) della singola donna (senza che quindi gli uomini
abbiano il minimo potere contrattuale, anche solo garantendosi, con un merito
oggettivo socialmente riconosciuto - di cui una “open society”, con la sua
ostentata disomogeneità antropologica, finisce inevitabilmente per negare
l’esistenza - un corrispettivo della
bellezza femminile con cui essere apprezzati e quindi più facilmente scelti).
“Amore” e “società aperta” sono i modi in cui il gretto
interesse femminile si fa politica e antropologia! Ed è appoggiato da quelli
che, per loro stessi, si creano circoli iper-esclusivi in cui invitano
mediamente cinque modelle per ogni maschio, forti delle loro possibilità di
indipay miliardario! Altro che società aperta (che lasciano volentieri a noi
creduloni)!
Infine, un po' di Europa
“Unione Europea” ed “Europa” non sono sinonimi, bensì
contrari. L’Europa, infatti, è semplicemente, come già aveva capito Nietzsche,
il nostro destino inevitabile. “Se saremo così pazzi da non unirci col
consenso”, ci ammoniva lo zio Friedrich, dovremmo sperare di essere conquistati
per “via imperiale”. Tanto i francesi di Napoleone quanto i tedeschi del Kaiser
mancarono la loro occasione storica di unire l’Europa nella potenza perché,
quando erano all’apice della loro potenza nazionale, seppero vedere solo una
Grande Francia ed una Grande Germania e giammai una Europa unita. Esattamente
come la Markel e Macron di oggi, al di là della retorica. Ecco perché l’Europa
non c’è.
L’Unione Europea, infatti, rappresenta in contrario di ciò
che l’Europa dovrebbe essere per storia e destino. L’Europa dovrebbe
costituire, se non una opposizione, almeno un’alternativa all’american way of
life, ed invece la UE la sta trasformando in una sua brutta copia (sia per
quanto riguarda lo smantellamento dello stato sociale operato dal neoliberismo,
sia per quanto riguarda la sottomissione alle menzogne del politicamente
corretto ed alla propaganda femminista). L’Europa dovrebbe porsi come
obbiettivo il mantenimento, l’accrescimento e l’affermazione di tutte quelle
identità di sangue e spirito che ne hanno costituito il nerbo nei momenti più
alti della sua civiltà (la Grecia Omerica, presupposto per l’intero edificio
della civiltà classica, la Roma della prima età Repubblicana, presupposto per
le conquiste militari e civili dell’Imperium Romanum, giustamente rimpianto di
Nietzsche come “grande costruzione” e
ultima possibilità di costruire di là dall’umano, la civiltà comunale e
rinascimentale italiana, presupposto per l’uscita dall’era di mezzo in cui i
“plantigradi”, per dirla sempre con Nietzsche, cristiano-germanici ci avevano
piombato), ed invece la UE pone fra i propri “valori” proprio l’essenza
sovversiva ed autodistruttiva del cristianesimo dell’accoglienza,
dell’uguaglianza e dell’umanitarismo (contrario di umanesimo!) e nulla fa per
impedire (anzi, molto lascia fare a lobbies internazionali per favorire)
l’immigrazione massificata e massificante destinata (a questo ritmo) a
dissolvere in pochi decenni e per sempre nel caos tutte le ricchezze (etniche,
economiche, sociali e linguistiche) che i diversi popoli europei hanno, con il
loro lavoro, il loro genio, le loro arti, saputo costruire in millenni di
civiltà. L’Europa dovrebbe costituire un conglomerato di forze in grado di contrapporsi
sia militarmente sia economicamente a potenze extraeuropee inconciliabili per
tradizione e spirito (come gli Stati Uniti o la Cina) ed invece segue a restare
all’interno della Nato (ovvero di quella moderna versione della Lega di Delo
che permette agli Ateniesi yankee, mi si permetta il paragone irrispettoso ma
efficace, di tiranneggiare ex-alleati con la scusa della protezione da un
nemico esterno “persiano”) e ad avallare ogni atto di politica estera
funzionale all’ormai intollerabile e barbara egemonia Usa (come le vergognose
ed inique sanzioni alla Russia e l’appoggio incondizionato ed irrazionale ad
Israele, ad esempio), per non dire dell’assenza di una geopolitica economica
(se vi fosse, l’auto elettrica sarebbe osteggiata, in quanto strategia cinese
per “semplificare” un mezzo di trasporto su cui le industrie europee avevano un
primato tecnologico e “culturale” – il tutto solo mascherato da ecologismo in
maniera non diversa di come un certo imperialismo USA si maschera dietro
“interventi umanitari” - ed il diesel difeso contro il benzina, essendo il
dieselgate, come detto prima, un “protezionismo mascherato” degli Usa per
difendere le proprie motorizzazioni a benzina obsolete e inefficienti).
Constatata l’inadeguatezza storica dei Tedeschi e preso atto
dell’inconciliabilità fra Unione Europea e ogni immaginabile “vita
sopportabile” per gli Europei (soprattutto maschi, a giudicare dall’infame e
menzognera risoluzione anti-prostituzione, voluta dalle lobbies femministe,
approvata senza neanche discussione da un parlamento di servi, e motivo, nel
2014, di una mia precisa “condanna a morte” dell’UE e dei suoi componenti), non
resta che guardare più ad est, verso quei Russi che già Nietzsche vedeva più
“moralmente sani” perché più “barbari”. Del resto, con la parziale esclusione
della parentesi sovietica, la Russia ha sempre dimostrato di poter costituire,
proprio come una “Terza Roma”, un “impero di terra” in grado di mantenere uniti
(senza dissolverli nell’indifferenziato di un mondialismo e senza schiacciarli
con uno sciovinismo di stampo francese) diversi popoli di antica tradizione e
preziose specificità, al contrario del mondo angloamericano che, per il suo
prediligere (fin dai tempi dei predatori antenati degli Anglo-Sassoni)
l’interesse gretto e la rapina (e quindi, modernizzando, la finanza rapace),
nonché per il suo essere “liquido”, socialmente e antropologicamente (il mare è
proprio la rappresentazione simbolica di una visione del mondo che non
riconosce i confini, - i “muri”, come va di moda dire oggi – e quindi le forme,
le differenze, le identità solide), è probabilmente più simile alla nemica
Cartagine.
Da Macron, da Henri-Levy, da questa Unione Europea negazione
di ogni spirito veramente europeo, di ogni volontà destino propriamente
europea, di ogni identità e volontà popolari genuinamente europee, ci salvi la
Russia. Sia Mosca la Terza Roma che mai cadrà! Putin non permette che ci sia una
Russia senza Russi. Putin ha Dugin e non scribacchini neoliberisti per
consiglieri. Putin non deve ordinare alla sua polizia di sparare sui
manifestanti. Forza gillet gialli, siete l’unica cosa che ancora ami della
Francia! Morte al governo francese!